La
Leadership Tossica. Del capo che non vorremmo avere
Ha
avuto un vasto interesse inaspettato il mio blog del 3 settembre
scorso con il titolo: “Come sopravvivere ad un capo idiota”,
che recensiva un testo americano sulla leadership,
Ritengo
però opportuno precisare che essendo io un giornalista e comunicatore
pubblico, mi occupo anche di comunicazione interna e il pezzo sul
“capo idiota” apparteneva a tale materia e aveva
connotazioni chiaramente generali e culturali, se qualcuno si è
identificato come “capo idiota” o sua vittima, sono loro
problemi esistenziali di cui non ho colpa.
Tornando alla nostra materia, completo oggi il testo del 3 settembre con questa analisi, perché il capo idiota,
descritto in forma semi-seria da quel testo americano appartiene a
quella forma di leadership che è definita dalla letteratura in
materia "leadership tossica".
In
generale per leadership si intende il rapporto
di colui che in una struttura sociale organizzata occupa la posizione
più elevata e gestisce un gruppo. E’ quella figura che viene
definita Capo (dal latino caput, "testa") o
leader (dal verbo inglese to lead, "guidare"), è
colui che ricopre un ruolo di comando o direzione (in inglese
leadership), inteso come processo d'influenza sui membri del
gruppo per il perseguimento degli scopi comuni.
Non
può esistere il concetto di leadership senza la capacità tecnica e
carismatica di "Comunicare" le proprie idee. Il
vero leader è
orientato alle persone e "condivide",
motivando le sue scelte e le sue idee. Alla base della leadership
deve esserci sempre il confronto, per portare a termine un'incarico
o un progetto è sempre indispensabile la collaborazione dei
sottoposti. L'abilità nell'utilizzare il potenziale dei propri
collaboratori è direttamente proporzionale al successo
dell'iniziativa. La qualità della leadership positiva deve essere
contributiva e costruttiva, quindi tendente a far progredire
la qualità del lavoro, la formazione e crescita delle persone e dei
team.
Il
contrario e negativo è definito in
letteratura, "leadership tossica".
Gli
studiosi della materia, esaminando gli effetti della leadership
tossica sui climi organizzativi, evidenziano la
presenza consequenziale di una realtà denominabile "organizzazione
nevrotica" dove, secondo numerosi studi, le organizzazioni
in crisi o a scarso rendimento, diventano permeate da un sistema che
si basa sulle rappresentazioni intrapsichiche nevrotiche del loro
leader, creando una cultura aziendale (intesa anche come politiche
di selezione, premiazione, punizione e promozione) che tenderà
ad estendere lo stile nevrotico all'intero funzionamento
organizzativo portando anche al collasso.
Gli
ambienti di lavoro “tossici” e leader “tossici”
sono in stretta relazione. Una direzione tossica, agisce da "killer"
silenzioso, creando danni gravi e duraturi a dipendenti e
organizzazione. Richieste eccessive, pressione, durezza, sono alcuni
marchi di strutture tossiche. Ai quali si aggiungono altri
aspetti deterioranti come ambienti impersonali, lavoro nell’ottica
della convenienza, tagli del personale con sovraccarico per chi
rimane.
Un
recente studio dell’Università di Johannesburg (Sud Africa) ha
messo in evidenza la crescita di leadership “inquinata”
nelle organizzazioni di tutto il mondo. Fa riferimento ad una serie
di azioni deliberate del dirigente orientate a minare senso di
dignità, autostima ed efficacia nei dipendenti, a creare
un’atmosfera demoralizzante, timorosa, svalutante.
La
tossicità non è misurata sugli atteggiamenti ma sugli effetti
sistemici ad ampio raggio, sul clima contaminato, sull’erosione di
risorse fondamentali come produttività, motivazione, creatività e
impegno nei lavoratori.
Secondo
gli studi, la leadership stessa è in crisi: nel
mondo degli affari e della politica i leader sono sempre più
considerati incompetenti.
Anche
il tasso di fallimento dei capi è elevato, come dimostra il turnover
veloce tra i direttori nelle grandi aziende. Fenomeno che, secondo
gli esperti, non ha niente a che fare con competenza o esperienza,
piuttosto con arroganza, ego e carenza di intelligenza emotiva.
Risulta
inoltre che il 25 per cento dei dirigenti aziendali, sulla base di
indagini internazionali, presentano tratti
psicopatici.
Altre
analisi hanno rilevato invece che il sostegno di capi “buoni”
e il blocco di quelli “cattivi” si traduce in aumento di
fatturato, riduzione di assenteismo, di consulenze, di trasferimenti
dei dipendenti con risparmi significativi per l’azienda.
Ricerche
allargate indicano inoltre che la capacità del leader di
riconoscere il lavoro dei dipendenti, di promuovere cooperazione, di
capire motivazioni, speranze e difficoltà dei lavoratori è
correlato alla maggior redditività.
I
tratti vincenti del buon leader sono
sincerità, modestia, gratitudine, autenticità, comprensione,
umorismo. È la pratica della gentilezza, in sostanza, ad
avere impatto sul business.
La presenza di un leader “tossico” crea solo scompensi negli ambienti di lavoro e gli svantaggi che derivano da una gestione eccessivamente autoritaria superano nettamente i possibili vantaggi.
La presenza di un leader “tossico” crea solo scompensi negli ambienti di lavoro e gli svantaggi che derivano da una gestione eccessivamente autoritaria superano nettamente i possibili vantaggi.
Secondo
uno studio, la presenza di un leader duro, arrogante e per nulla
rispettoso delle esigenze altrui fa in modo che i dipendenti si
sentano più impegnati nell’immediato, facendo leva sulle paure e
sul timore di perdere il lavoro ma tali
comportamenti causano danni a lungo termine e
minano l’efficienza dell’intera organizzazione.
Un’altra
ricerca, ha rilevato come la scelta di conferire un incarico di
supervisione a un manager troppo esigente si riveli inizialmente
corretta per datori di lavoro che acquisiscono vantaggi a breve
termine, ma con il passare del tempo i rischi sono notevoli: dai
dati, risulta che avere a che fare con una pessima leadership
spinge i collaboratori a voler lasciare l’azienda ( il 73% degli
intervistati), aumenta i conflitti (70%) e incrementa il sospetto di
essere oggetto di discriminazione da parte del capo nell’assegnazione
degli incarichi e nella concessione di pari opportunità (81%).
La
leadership tossica è autoritaria, narcisistica,
distruttiva, onnipotente; è della persona che manipola la realtà,
che usa il denaro senza attenzione, che non ha scrupoli morali e
professionali. I Leader di questo tipo sono psicologicamente malati e
alla lunga sono gravemente disfunzionali all’organizzazione.
Il
leader tossico permea tutta l’organizzazione che
gestisce e trova alleati, gregari, e succubi: perché? Spesso non c’è
risposta: le dinamiche profonde a far sì che una persona sia succube
e sia contenta di esserlo sono spesso imperscrutabili. Perché di
fronte ad un leader malato in pochi si ribellano in azienda? Perché
ci vuole molta forza. Chi si ribella e afferma il suo spazio e il suo
valore deve far appello alla sua assertività (“la
competenza di affermare il diritto di esistere”), che è l’arma
da schierare per gestire e difendersi di fronte al leader tossico.
In questo modo ci si può opporre: è molto difficile invece
scardinare le dinamiche che la leadership tossica fa scattare
all’interno dell’organizzazione perché entrano in gioco molti
fattori, soprattutto il rapporto psicologico che ciascuno ha con
l’autorità.
La
leadership tossica può anche essere una delle
principali cause di stress sul posto di lavoro, quando un leader
mostra determinati comportamenti e caratteristiche che contribuiscono
a creare un ambiente di lavoro negativo e/o ostile.
La
leadership
negativa e colpisce il clima aziendale. In un articolo pubblicato in
Society for Human Resource Management, Andrew Schmidt, spiega i 5
indicatori di un leader tossico.
-
Autoritarismo: I leader tossici non permettono al loro team di prendere l’iniziativa e sviluppare il lavoro con criteri propri. A loro non piace delegare, non si fidano e quando si vedono forzati a farlo, controllano attentamente il lavoro per sorvegliare che venga fatto a modo loro.
-
Imprevedibilità: In alcuni momenti sono amabili e rispettosi, ma il giorno successivo sono irritabili e autoritari. Questo crea un’ambiente instabile tra i collaboratori, dato che non sanno quale comportamento aspettarsi da parte del loro superiore; il risultato è un ambiente insicuro, diminuzione della produttività e della motivazione.
-
Narcisismo: I leader tossici hanno una visione poco reale di sé stessi e delle loro idee. Pensano di essere destinati a grandi cose e ignorano le capacità dei loro collaboratori. Squalificano le idee altrui e non esercitano l’autocritica in nessuna circostanza.
-
Auto-promozione: Tendono a prendersi tutto il credito del successo ottenuto dal team e per le buone performance dei loro collaboratori. Gestiscono bene le buone impressioni, ma si allontanano quando si presentano problemi.
-
Supervisione eccessiva: I leader tossici abusano dei loro collaboratori. Li criticano in pubblico, controllano costantemente i lavori delegati e ricordano in continuazione i loro errori. Il risultato di questo atteggiamento è di avere lavoratori insoddisfatti con bassa produttività.
Per
concludere, è fondamentale ricordare che il capitale più importante
in un’azienda è quello umano, da loro dipende il successo della
organizzazione. È palese, e dimostrato da molti studi, che il mal
funzionamento, la bassa produttività, il disordine organizzativo,
sono strettamente connessi con una leadership tossica, come
dice un vecchio detto “il pesce puzza sempre dalla testa”...
Segretario Generale
Associazione per la Comunicazione
Pubblica e istituzionale
PS
anche questa volta consiglio la lettura di un libro:
Leader, giullari e impostori. Sulla psicologia della leadership
Manfred Kets de Vries
Editore: Cortina Raffaello
1996 - Pagine:166 - € 14,45 su IBS.it
Leader, giullari e impostori. Sulla psicologia della leadership
Manfred Kets de Vries
Editore: Cortina Raffaello
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