Anche quest’anno i Pronto Soccorso degli ospedali
torinesi sono alla ribalta della cronaca con il sovraffollamento. Per i media è
notizia stagionale, come la canicola estiva e la “morsa del gelo” invernale. In parte è realtà, in parte c’ è un pò di esagerazione e un pò di strumentalizzazione.
Quindi,
come il solito, si avvia il solito teatrino, si grida allo scandalo, i politici
che fanno promesse, i sindacati che tuonano, giornalisti che cercano lo scoop e
spesso esagerano creando drammi dove vi sono solo problemi contingenti e, alla
fine, diminuiti i flussi anomali in modo naturale, principalmente a causa della
fine del periodo influenzale tutto rimane più o meno come prima.
Quasi nessuno va in profondità, alle radici dei
problemi.
La verità è che sul pronto soccorso, come sulla sanità piemontese
in generale, mancano da molti anni le scelte strategiche e di vasto respiro, nessuno
ha da anni visione globale dei molti fattori in ballo. I tagli non hanno inciso più di tanto, la situazione che si trascina ciclicamente da anni.
Prima di tutto Torino ha, da quando è cresciuta di
dimensione, uno squilibrio territoriale sugli ospedali. Sul lato Sud della
città vi sono, concentrati nel breve raggio 5 pronto soccorso: Molinette, CTO,
OIRM S. Anna, Mauriziano. Tutte strutture piuttosto forti, a cui si aggiunge Moncalieri,
appena fuori dalla cerchia urbana.
Sul lato Nord della città vi sono, abbastanza lontani tra
loro Giovanni Bosco, Maria Vittoria, Martini, il quadro si è aggravato con la
chiusura da alcuni anni del pronto soccorso di Venaria Reale. In soldoni, il
bacino d’utenza è coperto in modo irregolare.
Questa situazione causa carichi di flussi di pazienti
squilibrati sulle varie strutture e, considerato che nei periodi di epidemia influenzale, moltissima gente giunge al
pronto soccorso con mezzi propri e non con il 118, non è possibile deviare i
flussi, salvo rifiutare l’accesso, che non è possibile.
Il problema della zona Nord è poi aggravato dal fatto che
il pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria, primo per accessi del Piemonte,
è dislocato in un ospedale vecchio, piccolo e irrazionale sul piano edilizio ed
urbanistico.
Quindi è effetto ampiamente logico e prevedibile che a
ogni grande flusso si giunga facilmente a un sovraffollamento, con le strutture in
sofferenza.
Sull'argomento strutturale voglio spendere una parola in più
sull'ospedale Maria Vittoria al quale sono legato, da un lato professionalmente
e da un lato affettivamente essendo il primo nosocomio di cui mi sono occupato
come comunicatore. È una struttura sanitaria
con una storia prestigiosa e una realtà odierna di alto livello, umiliata ed ostacolata
da una delle strutture edilizie peggiori del Piemonte. È un patchwork edilizio di fabbricati diversi uniti,
costruiti e ristrutturati in un arco di tempo che va dal 1898 al 2000. Con quanto
si è speso in manutenzione e ristrutturazione negli ultimi 30/40 anni
probabilmente si sarebbero costruiti due ospedali nuovi.
Un problema invece a carattere generale è che la Regione ha totalmente
trascurato da anni è il rapporto con l’utenza tramite la comunicazione
pubblica, le strutture di comunicazione delle aziende (URP) sono prevalentemente
piccole e abbandonate a se stesse.
Essendo le
ASL o ASO aziende pubbliche di servizi condotte da tecnici di nomina politica,
dalla politica spesso giunge la confusione tra comunicazione politica, istituzionale e sociale. La
comunicazione delle Aziende Sanitarie è sostanzialmente di servizio e sociale,
indirizzata agli utenti per loro utilità, non è assolutamente politica ed è istituzionale solo
per quanto riguarda la ricerca di fiducia nell'utenza.
Nella nostra regione la
comunicazione delle aziende sanitarie si è estesa in modo molto disomogeneo,
dopo le prime indicazioni generiche di metà degli anni 90, lo sviluppo è stato
legato alla diversa, e quasi sempre scarsa, sensibilità di molti Direttori
Generali e ad una sostanziale carenza d’indirizzi e supporti della Giunta e
dell’Assessorato Regionale alla Sanità di quasi tre legislature.
Su quella attuale non possiamo ancora esprimere un giudizio.
La
comunicazione istituzionale della sanità regionale, che invece
dovrebbe essere prodotta dal servizio di comunicazione della Giunta Regionale, non
ha mai coinvolto i servizi di comunicazione delle aziende. Le campagne pubblicitarie sono state, dalle
Aziende Sanitarie, “subite” passivamente o viste da lontano.
Nel
complesso, ne risulta che la situazione della comunicazione della Sanità in
Piemonte è molto arretrata rispetto alle altre Regioni del nord. Alcune,
come il Veneto e l’Emilia Romagna, hanno politiche di comunicazione con il
cittadino vaste e penetranti con servizi di comunicazione adeguati al
caso. Anche i rapporti di coordinamento
e la collaborazione regione - aziende sono svolti con maggior intensità e
generosità di mezzi.
Per tornare
al caso del sovraffollamento del Pronto Soccorso, bisogna precisare che non è un ambulatorio di medicina generale aperto per 24 ore, è una struttura di alta specializzazione dedicata a quei casi sanitari che hanno una necessità più o
meno immediata di cure mediche, e che non possono, proprio perché necessitano
di cure urgenti, seguire il normale percorso diagnostico (Medico di base,
ambulatorio specialistico, Guardia Medica, automedicazione ecc.). Infatti, ai
pazienti che si presentano vengono attribuiti i codici di precedenza (triage), che
definiscono le priorità d'accesso in riferimento alla compromissione dei
parametri vitali della persona che si presenta in Pronto Soccorso.
Il codice bianco è sottoposto
al pagamento del ticket proprio perché non doveva accedere al pronto soccorso. Una indagine di anni addietro, svolta dalla Società
italiana di medicina d'urgenza ed emergenza (Simeu), su ospedali distribuiti in tutta la penisola, ha
riscontrato che solo le medicazioni familiari potrebbero alleggerire gli ospedali di
almeno 2,5 milioni di visite improprie l'anno (codici bianchi).
Una ricerca
effettuata presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino (da
alcuni anni il primo per numero di accessi del Piemonte) ha riscontrato che
buona parte dei “codici bianchi” accede per ignoranza della catena di
assistenza sanitaria che termina solo nei casi più gravi al pronto soccorso (Medico di base, ambulatorio
specialistico, Guardia Medica, automedicazione ecc.). Caso classico della città di Torino è che gli utenti spesso tendono a non utilizzare la Guardia Medica.
Ad iniziare
dal triage è da svolgere
un’attività d’informazione per chiarire i dubbi. Non sempre “codici -
colore” sono conosciuti, anche se utilizzati da anni. Spesso s’ignora
che l’attesa non è sintomo di assenteismo del personale medico e
infermieristico o indifferenza degli stessi, ma solamente che ogni caso è
valutato secondo la sua reale pericolosità, l'attesa nel pronto soccorso non è la coda
dell’ Ufficio Postale…
Una
riduzione, anche solo di un 30%, dei codici bianchi porterebbe evidenti
risparmi economici e maggior efficienza ed efficacia dei servizi. Il problema
di comunicazione non è mai stato affrontato seriamente finora. L’accesso improprio connesso a scarsa
conoscenza dei servizi sanitari, indica che bisogna agire seriamente sul piano dell’informazione
ai cittadini.
Queste semplici
proposte, di basso costo e buona resa, da me portate portate più volte a
Direttori Generali e Assessori sono sempre cadute nel vuoto, anche se
supportate da ricerche e dati statistici, principalmente per totale
incomprensione e ignoranza della materia della comunicazione d’impresa, sottovalutata
e/o ignorata.
Come ho
affermato più volte pubblicamente, quando un manager della sanità non conosce la
comunicazione e il marketing è un incompetente e non è degno del posto che ricopre.
Spero che
il nuovo Assessore tenga nel dovuto conto queste osservazioni, semplici ma efficaci, che insieme ad altri input sulla comunicazione pubblica, gli ho già
consegnato mesi fa, altrimenti arrivederci a gennaio 2016 per una nuova puntata
del romanzo giornalistico “I pronto
soccorso scoppiano, cosa fare?”……
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Il mio libro sulla comunicazione di crisi in sanità |