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martedì 20 novembre 2018

Gli adulatori, detti lecchini, indispensabili accessori dei pessimi capi


Gli adulatori, detti lecchini, indispensabili accessori dei  pessimi capi

         Hanno riscosso un notevole interesse i miei due precedenti articoli sui pessimi capi, per cui oggi completeremo il quadro dei problemi comportamentali nelle aziende parlando di uno degli accessori di un pessimo capo: gli adulatori, detti oggi correntemente “lecchini”.
Il Sommo Dante Alighieri relegava all’Inferno i cosiddetti adulatori, nella II Bolgia dell’VIII Cerchio, immersi fino al collo negli escrementi, per aver adulato i potenti per fini personali. Non si può che condividere il suo alto pensiero a riguardo tale categoria di persone, pronti a cambiare opinione a seconda degli orientamenti politici o professionali  della persona che desiderano adulare per ottenere dei vantaggi.
Il fenomeno dell’adulazione detta oggi lecchinaggio è quell'atteggiamento infimo e servile volto ad ottenere approvazioni o favori da parte di chi si trova nella scala gerarchica lavorativa o politica su un gradino superiore al proprio.  Un fenomeno costante nel tempo.
Tali individui sono un indispensabile accessorio dei pessimi capi, nel mondo del lavoro tutti hanno modo di assistere alle tragicomiche scene di colleghi, emuli di certe scene della saga di Fantozzi, che del lecchinaggio ne hanno fatto un modus operandi per sviluppare la propria carriera.
Le  persone normali  osservano con pietà o senso del ridicolo chi porta la borsa al capo appena entra in ufficio, chi gli porta a spasso il cane, chi fa il caddy al golf o il raccattapalle al tennis, chi fa la spia di qualsiasi cosa dicano o facciano i colleghi.

Naturalmente nessuno degli affetti da questa deprecabile e patologica forma di “aggregazione sociale” ammetterà mai di aver adulato il capo o il politico di turno per ottenere una promozione o un favore. I lecchini, con solida faccia di bronzo, sono sempre i primi a parlare di “meritocrazia”. Dicono che tutti i colleghi sono sfaticati,  solamente “invidiosi” dell’eventuale posizione raggiunta con la loro poco commendevole attività. Tutto ciò nonostante chi li conosce bene sia pienamente consapevole del modo in cui la loro carica è stata ottenuta.
            È facilissimo da riconoscere il lecchino, è sempre pronto ad accorrere o a mettersi in vista se il suo capo ha bisogno di un intervento rapido. Per  far carriera e adulare chi detiene il potere, il lecchino non ha limiti ne pudore,e non disdegna alcun mezzo, lecito o meno.
Di regola non si fa scrupolo a calpestare qualsiasi altro collega sottraendogli un’idea e spacciandola per propria. Promette di fare lavori che non conosce in tempi assurdi, per poi accusare di sabotaggio gli altri dei quasi certi e prevedibili fallimenti.
Spia il comportamento dei  suoi compagni di lavoro ed è abile a riportare al capo frasi, ben decontestualizzate, di cui si può anche mutare o inventare parte del contenuto. Il soggetto in questione non ha mai alcuna vergogna della propria immoralità e bassezza, che è il suo parametro di misura, pensa. È convinto che il mondo dell’apparenza è l’unico esistente, si va “avanti” solo sgomitando, e che tutti sono come lui e in concorrenza a leccare
Nel  suo piccino e mediocre punto di vista, considera strani o matti le persone normali.
Altra caratteristica, tragicomica, è che dice (e crede) continuamente di essere indispensabile: “se non ci fosse lui” chissà come andrebbero le cose.  Ma mentre lo dice non è in grado di guardare negli occhi il suo interlocutore per più di qualche secondo e cerca di confondere chi gli rivolge delle domande dando delle risposte ambigue con un linguaggio tecnico quasi sempre fuori luogo ed inappropriato, al fine di disorientare colui che si azzarda a rivolgergli la parola su questioni di primaria importanza per l’andamento del lavoro. A volte il lecchino, con sussiego non si degna neppure di rispondere.
Se si è attenti si nota che appartiene quasi sempre alla categoria degli stupidi, quindi facile da riconoscere, il guaio è che spesso ci si trova in mezzo ad altri colleghi idioti che non comprendono  la sua tattica è quella di  dividere e metter tutti l’uno contro l’altro.
In genere il suo capo lo lascia fare, quando se fosse anche lui un pò intelligente e capace capirebbe che le tensioni nel mondo del lavoro sono sempre negative.
Altra subdola tecnica del lecchino è quella di complicare il lavoro altrui e, se non riesce nel suo intento, cercare in modo più o meno subdolo, di fare in modo di mettere i suoi colleghi l’uno contro l’altro, spargendo calunnie contro il collega che potrebbe essergli d’intralcio e far sì che possa essere isolato consentendo così a lui di emergere.
Spesso il lecchino critica il capo in modo più o meno velato per far esprimere agli altri un parere volto a riferire le parole pronunciate, magari arricchite di qualche ulteriore fantasia.
Ma la vera colpa dell’esistenza del lecchino è principalmente del cosiddetto capo, a differenza del vero leader, ama circondarsi di adulatori di "Yes Men", ovverosia lecchini, perché nella sua visione ristretta e meschina della vita, e scarsa capacità manageriale, ritiene che incutendo timore i suoi dipendenti possano produrre maggiormente.
Il capetto che ama i lecchini in genere è più diffuso nell'ambito pubblico, perché nel privato, essendoci un prodotto misurabile è facile accorgersi che tale atteggiamento si ritorce contro l’azienda e che si rischia di perdere l’incarico in un batter d’occhio. Perché è evidente che il dipendente stressato e vessato produce molto meno del dipendente di un vero leader.
Il leader  non sa cosa farsene di adulatori, è interessato al lavoro di squadra positivo che fa crescere l’azienda, le antiquate gestioni verticistiche bloccano la crescita della produzione a causa di dissapori e relazioni conflittuali tra dipendenti. Il leader deve essere come un direttore d’orchestra che spiega come suonare in armonia con gli altri componenti e non usa i suoi collaboratori per fini illeciti.
Come difendersi dai lecchini? In genere il silenzio è l’arma migliore, come con gli stupidi è difficile per la persona normale relazionarsi con il lecchino. Ecco alcuni consigli.
1.      Non far notare agli altri che un collega si sta comportando da lecchino, il numero degli stupidi è elevato e non sono sempre immediatamente localizzabili.
2.      Non far notare ad un lecchino che si sta comportando in modo abietto: lo sa già, ne è fiero ed è pronto anche a denunciare chi gli muove una simile accusa.
3.      Mai discutere con un lecchino; è pronto a manipolare qualsiasi vostra affermazione. Salutarlo e basta.  
4.     Non cercare di capire o giustificare. È solo un povero arrivista e dei suoi problemi psicologici o esistenziali a noi non importa nulla.
5.   Se domanda un parere far finta di non aver compreso. Alimenta il loro meschino ego e risparmia conseguenze spiacevoli sul lavoro.
6.      Essere consapevoli della propria superiorità umana e culturale, la vita non è fatta di solo lavoro. Chi usa i mezzucci tipici da lecchino per far carriera, significa che non ha nulla di più interessante da fare nella sua misera vita.
    Per concludere i lecchini sono sempre esistiti ovunque vi sia una gerarchia fondata sul timore e non sul merito e un capo scadente.
Sono solo persone molto mediocri “dotate” solo di una furbizia intuitiva. Debbono assolutamente cercare di far notare la loro inutile presenza interrompendo e sminuendo di fronte agli altri il malcapitato avversario per vendicarsi della loro pochezza umana e culturale.
Dar loro importanza serve solo a metterli in rilievo. Prima o poi si rovinano da soli dato che, non spiccando di intelligenza, sono condannati a leccare per potersela cavare.
In buona sostanza sono semplicemente degli esseri inutili, così come lo sono gli incapaci capi che li usano, che privi di qualità professionali adorano essere adulati per sentirsi “bravi“.


Pier Carlo Sommo