Chi
uccide le conferenze stampa degli enti pubblici?
Pratico l’attività giornalistica presso gli
enti pubblici dalla fine degli anni 70, quando per la Confindustria seguivo le
attività degli enti locali. Nelle sale stampa del Comune e della Provincia di Torino vi era anche un giovane giornalista
di belle speranze che si chiamava Ezio Mauro e tante “colonne” giornalismo
cittadino, da Giuseppe Sangiorgio a Otello Pacifico, da Gianni Bisio a Battista
Gardoncini….
Da allora nella mia ormai lunga carriera,
vissuta sui due lati dei tavoli delle conferenze stampa, ho assistito e/o organizzato a centinaia di conferenze stampa
di aziende ed enti pubblici e anche di privati.
Ormai
da molti anni, per evitare il disgusto, evito di partecipare a conferenze
stampa, salvo che non siano organizzate da me o non sia costretto ad assistere
per cortesia o ragioni professionali.
Da anni è in corso, presso la pluralità degli
enti pubblici, la distruzione sistematica dello strumento giornalistico della
conferenza stampa, trasformata in un evento che va dalla esibizione
folkloristica al noioso incombente che nulla o poco ha a che fare con la
professione giornalistica.
Prima
di tutto cosa è una conferenza stampa? Da anni lo insegniamo in corsi dove troppi frequentano e pochi apprendono. E chi
dovrebbe davvero imparare, (politici, amministratori e tecnici) ovverossia chi le commissiona, non si vede mai perché
pensa di saper tutto di tutto.
La conferenza
stampa è un incontro di alcuni esponenti dell’organizzazione ente o
azienda con un gruppo di giornalisti, finalizzato a divulgare una notizia di
rilevanza e non un evento di svago o salotto
I destinatari preferenziali sono Agenzie di stampa, Giornalisti di stampa, Tv e radio. L’incontro
diretto dovrebbe permettere di presentare la notizia in una forma significativa
ed articolata per i lettori,
gli ascoltatori o gli spettatori. Il modo migliore per farlo sarebbe quello di
identificare i benefici e di chiarire i vantaggi che la notizia comprende,
seguendo quel criterio professionale che è definito notiziabilità, che è poi
l'insieme dei criteri base della professione giornalistica. Sono i criteri con
cui il redattore valuta se un determinato avvenimento può o deve essere
trattato per essere trasformato in notizia.
La
notizia è
costituita da un complesso di requisiti che si richiedono agli avvenimenti, dal
punto di vista dell'organizzazione del lavoro negli apparati e dal punto di
vista della professionalità dei giornalisti, perché ad essi possa essere conferita
un'esistenza pubblica in qualità di «notizie».
Ciò che dovrebbe portare a convocare
una conferenza stampa è un evento
importante e straordinario come quando:
·
Si deve
comunicare un evento importante per pubblico e giornalisti
·
Bisogna
presentare un prodotto o un impianto o sede nuova
·
Si vuole
creare un dialogo coi giornalisti prima
che esca la notizia e l’impresa o l’istituzione pubblica è
nella condizione di fornire informazioni importanti per il pubblico e per i
giornalisti. L’ente ritiene utile e conveniente anticipare, e quindi prevenire,
attraverso il dibattito, possibili dubbi, obiezioni e lacune informative.
I criteri di scelta dipendono direttamente dall’ufficio
stampa, ma deve essere considerato credibile in azienda, avere le idee chiare
in proposito ed avere il potere e l’autorevolezza per poter consigliare le
modalità e gli strumenti migliori.
Il vertice aziendale o parla con coscienza di
causa della notizia oggetto della conferenza o si limita al breve e semplice
benvenuto con preambolo sull’importanza dell’evento per l’impresa.
Tre o quattro oratori sono molti, cinque già
troppi, Una buona conferenza stampa non dura più di tre quarti d’ora, massimo
un’ora.
Vediamo
ora come avviene l’assassinio della conferenza stampa.
Il
crimine più efferato avviene quando la notizia da comunicare è flebile o
inesistente,
perché non vi è valutazione di notiziabilità, dovuta alla ignorante prepotenza
del vertice e/o debolezza, incapacità o servilismo dell’ ufficio stampa che
avalla l’iniziativa, quando basterebbe un normalissimo comunicato stampa.
I giornalisti da tempo ormai evitano e non
amano le conferenze stampa in generale, a causa del tempo sempre più ridotto e
della diffusa riduzione dei personale delle redazioni. Se poi si rivelano una
perdita di tempo, priva di contenuto,che al massimo genera una piatta”breve”, si
irritano particolarmente, e così si brucia il rapporto di fiducia, diventando, il
complesso ente/vertice/ufficio stampa, una entità poco credibile e dedita alla mera
propaganda. Il risultato sarà che alla prossima conferenza sarà pressoché
impossibile vederli e se verranno saranno ampiamente mal disposti.
Altri
crimini,
in apparenza meno efferati, ma dannosissimi avvengono nella realizzazione della
conferenza. Come il vertice
(sindaco, presidente, direttore generale, ecc) che invece di fare una breve
apertura si slancia in un lungo preambolo politico-istituzionale che è
pochissimo attinente all’obiettivo della conferenza, che fa perdere il poco
tempo disponibile e mal dispone i giornalisti.
Poi vi
è il numero di relatori eccessivo, che perde il tempo in lunghi interventi spesso
diretti a incensare il vertice o altri
presenti, disperdendo e annacquando il vero contenuto di interesse
giornalistico.
Come
già anticipato i relatori devono essere da tre a quattro al massimo, ripartiti
su un’ora che è già troppo.
Se si desidera far parlare più oratori per
più tempo si faccia un convegno, e li si
avrà la controprova, perché i giornalisti non rimarranno più di mezz’ora,
prenderanno la cartellina stampa, cercheranno due battute dagli oratori
principali e se ne andranno.
Ultimo
crimine,
le cartelle stampa o troppo corpose dove bisogna scartabellare per un’ora per
trovare la notizia o redatte dai tecnici o burocrati, che oltre ad essere
lunghe sono incomprensibili. Per cui il
giornalista oltre alla perdita di tempo per aver seguito una conferenza stampa
fasulla, aggiungerà il lavoro in redazione per poter tirar fuori due righe
decenti per giustificare al capo redattore la presenza alla conferenza stampa.
Dagli
indizi gli assassini sono chiaramente ormai identificati. Politici ed amministratori di nomina politica,
impreparati alla gestione manageriale, che non comprendono nulla di
comunicazione e impongono azioni sconsiderate senza interpellare i tecnici. Addetti stampa politicizzati che
ubbidiscono senza pensare, spesso senza adeguata preparazione professionale,
provvisti di un tesserino da pubblicista acquisito scrivendo qualche pezzo sui
bollettini parrocchiali, di associazioni o partiti che, con tutto il rispetto,
sono mondi totalmente diversi dalla cronaca.
La comunicazione pubblica è cosa seria, che l’Associazione
Comunicazione Pubblica difende da 28 anni, e ha formato generazioni di validi comunicatori
pubblici, forse ora sarebbe tempo di formare
politici ed amministratori di nomina politica, che non si rendono conto di
quanto siano lontani dalla popolazione per la loro mancanza di capacità di
comunicazione e di scegliersi validi e preparati comunicatori….
Segretario Generale
Associazione per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale