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martedì 20 gennaio 2015

A soccorso dei Pronto Soccorso........

Anche quest’anno i Pronto Soccorso degli ospedali torinesi sono alla ribalta della cronaca con il sovraffollamento. Per i media è notizia stagionale, come la canicola estiva e la “morsa del gelo” invernale. In parte è realtà, in parte c’ è un pò di esagerazione e un pò di strumentalizzazione.
Quindi, come il solito, si avvia il solito teatrino, si grida allo scandalo, i politici che fanno promesse, i sindacati che tuonano, giornalisti che cercano lo scoop e spesso esagerano creando drammi dove vi sono solo problemi contingenti e, alla fine, diminuiti i flussi anomali in modo naturale, principalmente a causa della fine del periodo influenzale tutto rimane più o meno come prima.
Quasi nessuno va in profondità, alle radici dei problemi.
La verità è che sul pronto soccorso, come sulla sanità piemontese in generale, mancano da molti anni le scelte strategiche e di vasto respiro, nessuno ha da anni visione globale dei molti fattori in ballo. I tagli non hanno inciso più di tanto, la situazione che si trascina ciclicamente da anni. 
Prima di tutto Torino ha, da quando è cresciuta di dimensione, uno squilibrio territoriale sugli ospedali. Sul lato Sud della città vi sono, concentrati nel breve raggio 5 pronto soccorso: Molinette, CTO, OIRM S. Anna, Mauriziano. Tutte strutture piuttosto forti, a cui si aggiunge Moncalieri, appena fuori dalla cerchia urbana.
Sul lato Nord della città vi sono, abbastanza lontani tra loro Giovanni Bosco, Maria Vittoria, Martini, il quadro si è aggravato con la chiusura da alcuni anni del pronto soccorso di Venaria Reale. In soldoni, il bacino d’utenza è coperto in modo irregolare.
Questa situazione causa carichi di flussi di pazienti squilibrati sulle varie strutture e, considerato che nei periodi di epidemia influenzale, moltissima gente giunge al pronto soccorso con mezzi propri e non con il 118, non è possibile deviare i flussi, salvo rifiutare l’accesso, che non è possibile.
Il problema della zona Nord è poi aggravato dal fatto che il pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria, primo per accessi del Piemonte, è dislocato in un ospedale vecchio, piccolo e irrazionale sul piano edilizio ed urbanistico.
Quindi è effetto ampiamente logico e prevedibile che a ogni grande flusso si giunga facilmente a un sovraffollamento, con le strutture in sofferenza.
Sull'argomento strutturale voglio spendere una parola in più sull'ospedale Maria Vittoria al quale sono legato, da un lato professionalmente e da un lato affettivamente essendo il primo nosocomio di cui mi sono occupato come comunicatore.  È una struttura sanitaria con una storia prestigiosa e una realtà odierna di alto livello, umiliata ed ostacolata da una delle strutture edilizie peggiori del Piemonte. È un patchwork edilizio di fabbricati diversi uniti, costruiti e ristrutturati in un arco di tempo che va dal 1898 al 2000. Con quanto si è speso in manutenzione e ristrutturazione negli ultimi 30/40 anni probabilmente si sarebbero costruiti due ospedali nuovi.
Un problema invece a carattere generale è che la Regione ha totalmente trascurato da anni è il rapporto con l’utenza tramite la comunicazione pubblica, le strutture di comunicazione delle aziende (URP) sono prevalentemente piccole e abbandonate a se stesse.
Essendo le ASL o ASO aziende pubbliche di servizi condotte da tecnici di nomina politica, dalla politica spesso giunge la confusione tra comunicazione politica, istituzionale e sociale. La comunicazione delle Aziende Sanitarie è sostanzialmente di servizio e sociale, indirizzata agli utenti per loro utilità, non è assolutamente politica ed è  istituzionale solo per quanto riguarda la ricerca di fiducia nell'utenza.
Nella nostra regione la comunicazione delle aziende sanitarie si è estesa in modo molto disomogeneo, dopo le prime indicazioni generiche di metà degli anni 90, lo sviluppo è stato legato alla diversa, e quasi sempre scarsa, sensibilità di molti Direttori Generali e ad una sostanziale carenza d’indirizzi e supporti della Giunta e dell’Assessorato Regionale alla Sanità di quasi tre legislature.
Su quella attuale non possiamo ancora esprimere un giudizio.
La comunicazione istituzionale della sanità regionale, che invece dovrebbe essere prodotta dal servizio di comunicazione della Giunta Regionale, non ha mai coinvolto i servizi di comunicazione delle aziende.  Le campagne pubblicitarie sono state, dalle Aziende Sanitarie, “subite” passivamente o viste da lontano.
Nel complesso, ne risulta che la situazione della comunicazione della Sanità in Piemonte è molto arretrata rispetto alle altre Regioni del nord. Alcune, come il Veneto e l’Emilia Romagna, hanno politiche di comunicazione con il cittadino vaste e penetranti con servizi di comunicazione adeguati al caso.  Anche i rapporti di coordinamento e la collaborazione regione - aziende sono svolti con maggior intensità e generosità di mezzi.
Per tornare al caso del sovraffollamento del Pronto Soccorso, bisogna precisare che non è un ambulatorio di medicina generale aperto per 24 ore, è una struttura di alta specializzazione dedicata a quei casi sanitari che hanno una necessità più o meno immediata di cure mediche, e che non possono, proprio perché necessitano di cure urgenti, seguire il normale percorso diagnostico (Medico di base, ambulatorio specialistico, Guardia Medica, automedicazione ecc.). Infatti, ai pazienti che si presentano vengono attribuiti i codici di precedenza (triage), che definiscono le priorità d'accesso in riferimento alla compromissione dei parametri vitali della persona che si presenta in Pronto Soccorso. 
Il codice bianco è sottoposto al pagamento del ticket proprio perché non doveva accedere al pronto soccorso. Una indagine di anni addietro, svolta dalla Società italiana di medicina d'urgenza ed emergenza (Simeu), su ospedali distribuiti in tutta la penisola, ha riscontrato che solo le medicazioni familiari potrebbero alleggerire gli ospedali di almeno 2,5 milioni di visite improprie l'anno (codici bianchi).
Una ricerca effettuata presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino (da alcuni anni il primo per numero di accessi del Piemonte) ha riscontrato che buona parte dei “codici bianchi” accede per ignoranza della catena di assistenza sanitaria che termina solo nei casi più gravi al pronto soccorso (Medico di base, ambulatorio specialistico, Guardia Medica, automedicazione ecc.). Caso classico della città di Torino è che gli utenti spesso tendono a non utilizzare la Guardia Medica.
Ad iniziare dal triage è da svolgere un’attività d’informazione per chiarire i dubbi. Non sempre “codici - colore” sono conosciuti, anche se utilizzati da anni. Spesso s’ignora che l’attesa non è sintomo di assenteismo del personale medico e infermieristico o indifferenza degli stessi, ma solamente che ogni caso è valutato secondo la sua reale pericolosità, l'attesa nel pronto soccorso non è la coda dell’ Ufficio Postale…
Una riduzione, anche solo di un 30%, dei codici bianchi porterebbe evidenti risparmi economici e maggior efficienza ed efficacia dei servizi. Il problema di comunicazione non è mai stato affrontato seriamente finora. L’accesso improprio connesso a scarsa conoscenza dei servizi sanitari, indica che bisogna agire seriamente sul piano dell’informazione ai cittadini.  
Queste semplici proposte, di basso costo e buona resa, da me portate portate più volte a Direttori Generali e Assessori sono sempre cadute nel vuoto, anche se supportate da ricerche e dati statistici, principalmente per totale incomprensione e ignoranza della materia della comunicazione d’impresa, sottovalutata e/o ignorata.
Come ho affermato più volte pubblicamente, quando un manager della sanità non conosce la comunicazione e il marketing è un incompetente e non è degno del posto che ricopre.
Spero che il nuovo Assessore tenga nel dovuto conto queste osservazioni, semplici ma efficaci, che insieme ad altri input sulla comunicazione pubblica, gli ho già consegnato mesi fa, altrimenti arrivederci a gennaio 2016 per una nuova puntata del romanzo giornalistico “I pronto soccorso scoppiano, cosa fare?”……
Il mio libro sulla comunicazione di crisi in sanità



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