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sabato 25 luglio 2015

La pericolosa illusione del pacifismo

Purtroppo la guerra è una maledizione insita nella natura umana. La pace è da sempre un breve intervallo tra stati di guerra più o meno lunghi. 
Il crollo del muro di Berlino ha creato una grande illusione  caduta rapidamente. L'equilibrio del terrore aveva creato un periodo di relativa tranquillità inframmezzata da guerre "minori", adesso tutto è diventato molto più instabile. 
Trovo inutili e anzi, dannose, le varie iniziative pacifiste, marce fiaccolate ed affini. Inutile e utopistico folclore, chi vuole seriamente la guerra  interpreta questi atti solo come segni di debolezza.
Il pacifismo del primo dopoguerra non fermò di un solo attimo il nazismo. 
Neville Chamberlain, il primo ministro inglese che tentò di neutralizzare l’aggressività di Hitler e Mussolini praticando la politica dell'appeasement (pacificazione a prezzo di concessioni) dopo la firma degli accordi di Monaco, annunciò solennemente di portare «pace per la nostra epoca». La realtà lo smentì duramente, gli accordi Monaco dettero modo di coprire i piani di riarmo Hitler e fecero  apparire l'Inghilterra come una nazione in pieno declino militare. 
Nel 1938 l'annessione della Repubblica Austriaca al Terzo Reich e poi l'’annessione dei Sudeti Cecoslovacchi, in dispregio ai patti sottoscritti, dimostrò chiaramente che la Germania nazista si stava prendendo gioco delle diplomazie europee.
Nel secondo dopoguerra il pacifismo fu strumentalizzato dai partiti comunisti indottrinati dal KGB sovietico per indebolire l'occidente. 
Il grande impegno pacifista profuso contro la guerra del Vietnam ebbe come triste epilogo nel Sud Vietnam il massacro degli oppositori e l'esodo dell people boat. La Cambogia pagò il prezzo più caro  con un milione di assassinati la follia del dittatore comunista Pol Pot dopo l'esodo delle forze militari statunitensi.
La Svizzera ha conservato la sua neutralità e pace per centinaia di anni grazie a fortificazioni e un piccolo ma agguerrito esercito. Hanno messo in pratica  l'antico motto " si vis pacem para bellum", sempre attuale.
Nel nostro paese dal dopoguerra si è sempre fatta una strisciante propaganda contro le Forze Armate, in parte arrivava dal PCI che obbediva a gli ordini dell' URSS, in parte erano i soliti utopisti tipo La Pira che da ingenui creduloni facilitavano il lavoro del KGB, bravissimo nella "dezinformatsiya".
Caduto il muro di Berlino e giunta al potere in Italia una classe politica piuttosto scadente e abbastanza irresponsabile (parlo di tutti, destra e sinistra), senza valutare un quadro internazionale che si stava degradando si è deciso di togliere il servizio di leva in una orgia di populismo, 
Si è creato così un sistema di un solo esercito professionale, troppo piccolo per le nostre esigenze e troppo costoso per le nostre finanze. 
Un minimo di attenzione e previsione avrebbe consigliato la conservazione di un sistema misto di leva e professionisti, ma l'ansia di soddisfare le "mamme ansiose" per i loro "bambini" in armi e di allearsi con l'espressione peggiore della sinistra, che ancora non si è accorta del fallimento del marxismo, ha creato il pasticcio di oggi. 
Abbiamo forze armate numericamente insufficienti, costose e carenti di risorse, in un quadro mediterraneo che si è fatto pericoloso e una situazione di ordine interno non delle migliori in netto peggioramento grazie alla sconsiderata gestione delle immigrazioni..
Allora che fare? Bisognerebbe ripristinare la leva per alimentare i servizi, in modo da sgravare i costosi professionisti da quei servizi che possono essere svolti da personale temporaneo, si pensi già solo, al livello più basso ai costi delle mense, piccole manutenzioni o trasporti di materiali. 
Sarebbe anche opportuno ripristinare la leva nei servizi di polizia e antincendio, che creavano preziose riserve di personale utili nei momenti di emergenza, anche alimentando di personale addestrato le associazioni di volontariato.
Non so se ciò accadrà perchè il populismo è imperante, sempre più lontana e la logica e questa politica scadente continua ad ascoltare le piccole minoranze irresponsabili, che urlano e non la maggioranza silenziosa che produce e tiene in piedi questo Paese.
I morti del museo di Tunisi sono stati seppelliti, la Costa crociere non fa più scalo a Tunisi, si è fatta una fiaccolata (di 4 gatti) con i politici in testa per le vie di Torino e poi nessuna azione concreta..... Da allora altri sequestri di persone, minacce e problemi ma fin che non si arriva ai toni più alti nulla si farà... Per cui Arrivederci alle prossime vittime e commemorazioni e lacrime di coccodrillo.



venerdì 17 aprile 2015

Dead Man Walking

Negli Stati Uniti quando un condannato a morte viene portato all'esecuzione viene annunciato ad alta voce dai secondini "dead men walking" che significa "uomo morto che cammina"
Frase che nell'uso comune si è estesa come eufemismo di chiunque sta per avere una perdita imminente ed inevitabile.
Nella pluralità delle aziende sanitarie del Piemonte il primo maggio verranno nominati i nuovi Direttori Generali, essendo cambiato il colore politico della Giunta Regionale che aveva nominato gli attuali, probabilmente saranno sostituiti quasi tutti. 
Per cui da alcuni mesi è iniziato il "dead men walking",  gli attuali Direttori, probabili esclusi delle terne di direzione, si aggirano ovunque sconsolati, scrutano l'orizzonte, cercano appoggi, qualcuno cambia anche partito, dicendo di essere stato "illuminato sulla strada di Damasco" o cerca disperatamente parenti, conoscenti e amici che militino nell'attuale compagine di governo. 
Altri ormai rassegnati alla sorte cercano in azienda di sistemare qualche amico con atti amministrativi dell'ultima ora (ne ho visti fare a mezzanotte dell' ultimo giorno.....) o mettono in atto qualche ultimo dispetto, indirizzato ai nemici interni oppure ai Direttori che verranno, per lasciare una vendetta postuma.
I lecchini aziendali si sentono disperatamente orfani, danno le ultime leccate disattente ai loro padroni morenti, ma sono già distratti nel cercare di capire chi verrà, per poterlo immediatamente assalire, irretire ed immancabilmente sparlare dei colleghi. Le solite scene da basso impero, in oltre 30 anni di pubblica amministrazione ho assistito a questi teatrini decine di volte, quello che mi ha sempre stupito è lo sciocco e maniacale attaccamento dei "dead men walking"  a posizioni che per loro natura sono politiche e temporanee. Forse è la presuntuosa e strana illusione di essere "unici ed indispensabili". 
Il migliori Direttori che ho trovato nella mia carriera li ho visti arrivare con serio impegno e attenzione e poi  partire con un sorriso e una parola buona per tutti. 
I Direttori con la D maiuscola appena arrivati chiamavano subito il dirigente della comunicazione per sapere il clima aziendale e quello dell'utenza. Si portavano almeno una segretaria di fiducia, arrivavano informati sulle caratteristiche professionali e carriere dei dirigenti. Entro un mese visitavano tutte le strutture salutando i dipendenti e poi alla partenza inviavano un indirizzo di saluto a tutti, offrendo un ultimo bicchiere agli stretti collaboratori.
Queste civili abitudini sono pressoché scomparse, vanno e vengono come fantasmi,  ovviamente sanno tutto e di conseguenza sono facile preda di adulatori e raccomandati vari. Si fidano quindi immancabilmente di quelli sbagliati e poi, dopo qualche anno arriva la Corte dei Conti che......presenta il conto.
La media degli ultimi anni (al di là del colore della giunta) è stata di un terzo di Direttori Generali e collaboratori, buoni, un terzo mediocri ed un terzo decisamente incapaci. la terza categoria è immancabilmente generata dai super raccomandati politici, con curriculum professionale di fantasia o che si può scrivere sul retro di un francobollo......
Sinceramente non  saprei che consiglio dare all'Assessore regionale per scegliere buoni Direttori, salvo forse quello di non ascoltare consigli......
Trionfo di Tito e Vespasiano Parigi-Louvre
Bisognerebbe poi, all'insediamento ripristinare una parte della cerimonia del "trionfo" che veniva tributato nell'antica Roma ai generali vincitori. 
Era costume che il trionfatore fosse accompagnato da un addetto che gli reggeva la corona d'alloro appesa sopra il capo e che per tutto il tragitto gli ripetesse ad intervalli regolari la frase "Hominem te esse memento" (in latino: ricordati che sei solo un uomo) per evitare che nella gloria del momento e con l'acclamazione della folla il festeggiato si montasse la testa.
Speriamo bene,  fra dieci giorni vedremo..........spes ultima dea......


sabato 28 marzo 2015

Diffidare dei primi della classe…..

I tedeschi, con l’incidente aereo della compagnia low cost della Lufhansa, hanno scoperto che la loro perfetta compagnia aerea di bandiera, che conformemente all’uso germanico pensa che tutto sia prevedibile e regolamentabile ha trascurato qualcosa.  Il perfettissimo pilota, dal curriculum da enfant prodige era fortemente tarato nella mente.
Secondo i comportamenti degli ordinatissimi tedeschi  esiste il caso A, B e C, rigorosamente previsti e regolamentati, anche nei dettagli meno utili ma, se scoppia il caso D, non previsto, è terrore e sgomento. L’elasticità è un patrimonio latino e non del nord germanico…..
Per carità, casi simili esistono ovunque, il nostro Schettino aveva uno splendido curriculum professionale e scolastico, ma non sarebbe stata di troppo un’analisi psicologica, perché nascondeva  un  animo irresponsabile e guascone, che  lo ha portato, per puro spirito di bravata,  a manovrare un transatlantico da 100.000 tonnellate come un motoscafo di tre metri.
Debbo dire che personalmente  ho sempre diffidato dei primi della classe, dei cosiddetti secchioni, quelli di tutti gli esami con il 30 lode e la laurea 110, lode e dignità di stampa.
Di tali eccezionali esemplari alcuni sono normali, capaci e di autentico valore, ma nel gruppo si nascondono quelli che nella ricerca di risultati massimi nascondono aridità umana o difetti caratteriali o addirittura psicologici non da poco.
Ai tempi della mia mia laurea ho conosciuto tre esempi di tali comportamenti, tutti laureati al massimo e specializzati a una rapidità eccezionale, ritenuti da molti dei veri geni. Peccato che, passati pochi anni, due sono stati radiati con ignominia dall’ordine professionale e condannati penalmente per aver tentato dei “colpi” economici di dubbia legittimità e il terzo personaggio ha avuto una discreta  carriera, che tutti conoscono,  per aver concesso generosamente a dritta e manca “favori”, non illegittimi, ma di carattere diciamo “non professionale” . 
Li ricordo ancora molto bene, a vederli erano spavaldi, arroganti e saccenti, ma in verità erano umanamente vuoti e con una sottile vena di rancorosa cattiveria verso tutti.
Alla fin fine, passati più di 30 anni, guardando tutte le carriere del gruppo di laureati in legge con me di allora, quelli che sono diventati ottimi avvocati, magistrati, dirigenti del settore pubblico e privato, sono i  cosiddetti  normali, che avevano avuto un carriera scolastica e vita regolare e senza “botti”.
I tedeschi, a parte la loro storia di certo non virtuosa, fatta di aggressioni ai vicini, nonostante si vantino molto e cerchino di dare lezioni a dritta e manca,  sono una razza strana che crea diffidenza e poca simpatia, dovuta agli eccezionali picchi culturali in alto come Goethe o Beethowen, ma con cadute terribili come Hitler e la sua corte.  Ma la 
Germania continua a cercare un primato europeo che non sa ancora meritare.
Quando i tedeschi perderanno la loro mania di tentare di essere i "primi della classe" a tutti i costi, e con un pò di umiltà impareranno la comprensione e il vero rispetto per gli altri popoli, l’Europa potrà essere veramente unita.


lunedì 16 marzo 2015

La grande truffa delle primarie.

I partiti sono un male inerente ai governi
 liberi,  ma non hanno in tutti i tempi
lo stesso carattere e gli stessi istinti.

Premetto che in virtù di una formazione giuridica e di una cultura liberale, sono totalmente contrario alle cosiddette "primarie" svolte da qualsiasi partito, ciò che dirò non è un attacco indirizzato a un partito, ma la critica ad una tendenza che si è diffusa, pericolosa per la "vera" democrazia . 
I partiti attuali, ormai privi d’ideologia precisa, tendono a copiarsi tra loro in tutti i comportamenti, anche in quelli più sciagurati, rimborsopoli regionali docet, la parola d'ordine è diventata "lo fanno anche loro" o "lo fanno tutti".
Le cosiddette elezioni "primarie" sono una delle più grandi sciocchezze pubblicitario-demagogiche inventate ultimamente, scimmiottando gli americani, salvo non pensare che il loro sistema politico-partitico è lontano dall'Italia mille anni luce.
Vediamo prima cos'è un partito in Italia.
Un partito politico, come definito dall'Art. 49 della Costituzione Italiana, è un'associazione libera di cittadini i quali detengono il diritto di amministrare democraticamente la vita politica nazionale. 
Tra i tanti guai contenuti nella nostra suprema carta, che in certe parti dimostra i suoi anni, la carta costituzionale ha evocato la figura del partito, ma non ne ha delineato né la personalità giuridica, né tanto meno  le modalità organizzative.  
Il dibattito istituzionale ha rimarcato più volte la necessità attuare con leggi il disposto costituzionale, ma ciò è stato accuratamente evitato dai politici, che hanno spacciato come rivendicazione di "autonomia" il timore di qualsiasi controllo a: numero associati, attività finanziarie, strutture interne, ecc.
Il risultato finale raggiunto nella cosiddetta "seconda repubblica", con la fine dei partiti nati nel dopoguerra, è un sistema di partiti estremamente disordinato e complesso, con continue aggregazioni e scissioni. 
Un sistema sempre più incomprensibile ai cittadini che lentamente abbandonano le urne votando sempre meno. Le strutture partitiche territoriali, che garantivano un minimo di partecipazione alla politica, le cosiddette "sezioni" sono pressoché scomparse o non hanno più peso. Il discorso "tesseramento" già critico nei partiti della prima repubblica, è diventato ovunque un immenso pasticcio, ora nuovamente alimentato dalle esigenze create dalla  "primarie".
In questo sistema fare votazioni "primarie" senza regole, senza sapere chi vota e per quale ragione lo fa, è una presa in giro totale, un "fantasma" di democrazia. Non ho mai avuto simpatia per Sergio Cofferati, ma il suo commento e comportamento consequenziale alle primarie Liguri era quanto mai giusto e doveroso. 
Se giuridicamente i partiti sono associazioni, chi ha mai visto in uno statuto associativo, anche di una bocciofila, la regola che pagando un euro, un qualsiasi individuo vota decisioni o assetti organizzativi? Siamo al di fuori di ogni logica.
Non penso che ci sia da aggiungere altro, salvo ciò che ho detto pubblicamente più volte, considerato che i partiti non sono più adeguati ai tempi e sono ormai lontani dai cittadini, in dibattito principale dei politici dovrebbe incentrarsi che cosa deve essere un partito oggi. 
Purtroppo, la diffusa carenza di cultura dei politici, unita ad una eccessiva sete di potere fa si che "meno siamo nei partiti meglio è". 
E' una politica cieca e folle che può portare a effetti gravissimi, quando la vera democrazia langue il futuro diventa grigio e imprevedibile.....
Ogni idea politica è un organismo vivo.
 I partiti sono quasi sempre destinati
a diventare dei grandi cadaveri gloriosi. 

(Filippo Tommaso Marinetti)

mercoledì 11 febbraio 2015

Consociativismo, oppio dei popoli

Consociativismo è il sinonimo principe della 'condivisione del potere' (power-sharing). In Italia è partito dalla politica ed è poi diventato l’aspirazione principale degli italiani, in tutte le loro attività.
Chi esercita la maggioranza, in qualsiasi situazione, non vuole avere un'autentica opposizione. E' una cosa che disturba e irrita, per cui bisogna assolutamente blandirla e coinvolgerla in qualche modo perché stia buona.
Chi all’opposizione non si rassegna alla carenza di potere e non coglie più minimamente che fare  l’opposizione è la nobile essenza della democrazia. Opporsi è ormai solo un mestiere faticoso e di poca resa, come dicevano con ironia Monelli e Novello “La guerra è bella ma scomoda”.
E così la politica italiana, a partire dai tempi dei vecchi PCI e DC  ha eletto il consociativismo a sistema principe, che cerca di coinvolgere tutto e tutti. 
Purtroppo ciò  si esplica sia nelle forme lecite sia in quelle illecite, la dimostrazione pratica è quasi quotidiana, ogni volta che scoppia una tangentopoli o scandalo di qualsiasi genere, finiscono nelle patrie galere sempre un congruo numero di politici puntualmente ed equamente ripartiti tra tutti gli schieramenti. Quelli che non ci sono è solo questione di tempo....
Dalla politica il tarlo consociativo lentamente si è allargato a tutta la società.
Se fai autenticamente il sindacalista sei un irritante rompiscatole, meglio far finta di urlare e poi mettersi d’accordo sottobanco, magari con qualche benefit personale. Ad esempio negli enti pubblici è raro che un dirigente sindacale non vinca un concorso…
Nell’informazione il coro è quasi sempre unanime, pochi giornalisti vanno fuori dal coro, è scomodo, bisogna lavorare il doppio, può irritare il Direttore o la proprietà della testata che si sente le telefonate (e minacce) di chi non è contento, poi puoi anche perdere i benefit e così via….
In questi giorni, seguendo il Festival di Sanremo, mega evento seguito da un migliaio di giornalisti provenienti da tutto il mondo, si nota uno strano fenomeno di sdoppiamento. Sui social media si leggono critiche di ogni genere da parte di persone delle più varie provenienze, rilievi che vanno dalla qualità del programma per finire spesso all’essenza stessa dell’evento.
Invece sui media classici sono rare e moderate le voci critiche e discordanti.
Il tutto viaggia pressoché in sintonia con la conduzione di mamma RAI, che  è la più piatta e consociativa possibile. Si fa cantare una barbuta drag queen, ma si presenta prima una famiglia con 16 figli, iper classica e religiosissima, della quale sinceramente non importa niente a nessuno, ma di sicuro soddisfa qualcuno….  Trasgressione e tradizione super calibrata, cantano elementi che sono veramente discutibili per stile e qualità, ma vengono esorcizzati dai super classici e melodici Albano e Romina.
Il conduttore Conti ogni tre battute (di disarmante banalità) ringrazia tutto e tutti, sorride sempre, anche se casca il soffitto coadiuvato da tre vallette inesistenti, la cui funzione reale è oscura.
Una simile kermesse può non essere che gradita all’establishment, è una così lampante e chiara manifestazione consociativa, altro che Patto del Nazareno...
K. Marx aveva detto che la “religione è l’oppio dei popoli”, se vivesse oggi dovrebbe rivedere la questione per capire quale sia di preciso l’”oppio”, forse lo identificherebbe nel “consociativismo”…..


sabato 31 gennaio 2015

L'INQUINAMENTO MEDIATICO DELLE ECO BALLE....

            Io sono nato all’inizio degli anni 50 a Torino, allora e per moltissimi anni, come in tutte le metropoli industriali, la situazione ambientale era a dir poco pessima.  
Tutti gli impianti di riscaldamento erano a carbone e nafta pesante, le ferriere Fiat riempivano copiosamente di fumi variopinti e polveri tutta la città, insieme ad altre fabbriche. Altri stabilimenti, tutti situati in piena città, ci deliziavano di puzze incredibili. Dove vivevo, Borgo Rossini, la CEAT di Corso Regio Parco, che fabbricava cavi elettrici, emanava una puzza terribile di gomma bruciata con frequenza giornaliera, se il vento cambiava, l’aria era resa nauseante dalla puzza di tostatura del caffè Lavazza. Quando nel week end facevi gite in montagna rischiavi malori da eccesso di ossigeno…….
Se cadevi nei fiumi cittadini, era più probabile morire avvelenati che annegati. Io abitavo vicino alla Dora Riparia, l’acqua cambiava colore tutte le settimane secondo ciò che le varie fabbriche, comprese le concerie, scaricavano liberamente. Non esisteva nessun depuratore, nemmeno per le fogne cittadine, che così finivano direttamente nel Po, dove i primi pesci,  vivi e vagamente commestibili, si trovavano ben dopo Chivasso (30 km abbondanti).
La città aveva un traffico intensissimo di autoveicoli alimentati a benzina super con il piombo tetraetile, di là da venire le marmitte catalitiche, i bus partivano innalzando colonne di particolato da tagliare con il coltello e i ciclomotori andavano a miscela d’olio dal 2 al 5%, i raffinati utilizzavano anche il nauseante olio di ricino.
Grazie ad uno smog allo stato quasi solido, spesso mescolato alla nebbia, dalle colline il panorama di Torino era visibile 8/10 volte all'anno dopo giorni di vento fortissimo.
Per completare questo “sano” quadro ambientale, tra il 1960 e il 1961 i francesi lanciarono quattro bombe atomiche sperimentali in atmosfera nel Sahara algerino, cosa sia arrivato in Italia di quei vicini test atomici nessuno lo ha mai detto, ma dal 1962 in poi i test furono condotti sottoterra.
Nonostante tutto ciò sia andato avanti per decine di anni, non solo i bimbi di allora, non scomparsi per malattie inguaribili o incidenti, sono vivi e sani, ma l'età media degli italiani, compresi i torinesi, si è enormemente elevata ed è una delle maggiori del mondo.
Indubbiamente oggi l'ambiente è migliorato e non rimpiangiamo di certo quei tempi, ma non bisogna esagerare, tutte le volte che si alza un pochino la soglia delle “polveri sottili” partono bordate di terroristiche “eco balle”. Dopo tali proclami sembra che nelle città vi siano decine di morti per strada.
L’ambiente oggi non va così male, sarebbe opportuno evitare le esagerazioni. Capisco che per i giornalisti il catastrofismo è attraente, ma sarebbe opportuno che almeno si documentassero sulla serietà e credibilità delle fonti, evitando di farsi strumentalizzare e diventare da cassa di risonanza delle “eco balle”, che ovviamente a qualcuno convengono.
La scomoda verità è che c'è  chi ci campa sulle eco-paure, in vari modi: le associazioni ambientaliste, non tutte così serie e scientificamente preparate, pseudo scienziati, che vogliono attirare l’attenzione su studi discutibili e mediocri e infine meteorologi frustrati che, senza il catastrofismo, non avrebbero audience. A tutto questo aggiungiamo giornalisti di scarsa cultura e rampanti. Unite gli ingredienti di questo “cocktail” e “voilà” l’” eco balla” è pronta e servita!
Se non c’è un “terribile” inquinamento da cavalcare, non importa se vero o presunto, tutti questi “signori” come farebbero a campare?



giovedì 29 gennaio 2015

IL MAL D'ASSEMBLEA

A volte durante le nostre giornate abbiamo momenti di meditazione profonda, i quali possono accadere nei luoghi più strani, uno dei più quotati è la toilette, dove forse la nostra prolungata visione nello specchio a scopo di rasatura, c’induce ai pensieri profondi,
Reduce da una delle tante assemblee politiche mi nasce una domanda: nel nostro paese, che alcuni definiscono poco democratico e carente di dialogo, quante sono le assemblee dove i cittadini discutono i loro svariati problemi?
A questo punto posso tentare un elenco sommario: una camera dei Deputati e un Senato, un consiglio per Regione, un consiglio per provincia, un consiglio per comune, consigli di quartiere o di frazione, un numero imprecisato d’ASL, consorzi e aziende municipali (soggiorno rifiuti, acquedotti ecc.) varie, organi collegiali della scuola (distretti, consigli d’istituto, di circolo di classe ecc.), enti pubblici vari più o meno utili con estensione territorialmente varia, decine di partiti con organi vari moltiplicati per le suddivisioni territoriali, un numero imprecisato di sindacati degli imprenditori e dei lavoratori con le relative suddivisioni interne ( consigli di fabbrica, assemblee di categoria ecc.), associazioni sportive, culturali e varie, e dulcis in fundo le associazioni delle associazioni ( ANCI, UPI ecc.).
Si potrebbe così continuare per un pezzo, comunque ognuna di queste organizzazioni, naturalmente e nelle varie forme e multipli, possiede un’assemblea, un presidente, un vicepresidente, un segretario, una giunta o consiglio d’amministrazione, revisori dei conti, probiviri e così via; i quali discutono, si dividono in una o più correnti o gruppi che formano maggioranze e minoranze e producono mediamente montagne di chiacchiere inframmezzate da qualche rara concretezza.
L'Italia quindi una repubblica fondata anche sull'assemblea. Esisterà allora un italiano che non appartiene a nessuna forma d’aggregazione assembleare?
E' quasi impossibile, perché chi in genere rimasto fuori dell’elenco citato certo coinvolto almeno nelle assemblee di condominio, che assommate quelle precedenti portano il numero delle assemblee esistenti nel paese a vari milioni.
Basta così, anche per oggi la rasatura finita e posso uscire di casa con un buon aspetto; non potevo di certo partecipare all’assemblea d’oggi con la barba in disordine........

martedì 20 gennaio 2015

A soccorso dei Pronto Soccorso........

Anche quest’anno i Pronto Soccorso degli ospedali torinesi sono alla ribalta della cronaca con il sovraffollamento. Per i media è notizia stagionale, come la canicola estiva e la “morsa del gelo” invernale. In parte è realtà, in parte c’ è un pò di esagerazione e un pò di strumentalizzazione.
Quindi, come il solito, si avvia il solito teatrino, si grida allo scandalo, i politici che fanno promesse, i sindacati che tuonano, giornalisti che cercano lo scoop e spesso esagerano creando drammi dove vi sono solo problemi contingenti e, alla fine, diminuiti i flussi anomali in modo naturale, principalmente a causa della fine del periodo influenzale tutto rimane più o meno come prima.
Quasi nessuno va in profondità, alle radici dei problemi.
La verità è che sul pronto soccorso, come sulla sanità piemontese in generale, mancano da molti anni le scelte strategiche e di vasto respiro, nessuno ha da anni visione globale dei molti fattori in ballo. I tagli non hanno inciso più di tanto, la situazione che si trascina ciclicamente da anni. 
Prima di tutto Torino ha, da quando è cresciuta di dimensione, uno squilibrio territoriale sugli ospedali. Sul lato Sud della città vi sono, concentrati nel breve raggio 5 pronto soccorso: Molinette, CTO, OIRM S. Anna, Mauriziano. Tutte strutture piuttosto forti, a cui si aggiunge Moncalieri, appena fuori dalla cerchia urbana.
Sul lato Nord della città vi sono, abbastanza lontani tra loro Giovanni Bosco, Maria Vittoria, Martini, il quadro si è aggravato con la chiusura da alcuni anni del pronto soccorso di Venaria Reale. In soldoni, il bacino d’utenza è coperto in modo irregolare.
Questa situazione causa carichi di flussi di pazienti squilibrati sulle varie strutture e, considerato che nei periodi di epidemia influenzale, moltissima gente giunge al pronto soccorso con mezzi propri e non con il 118, non è possibile deviare i flussi, salvo rifiutare l’accesso, che non è possibile.
Il problema della zona Nord è poi aggravato dal fatto che il pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria, primo per accessi del Piemonte, è dislocato in un ospedale vecchio, piccolo e irrazionale sul piano edilizio ed urbanistico.
Quindi è effetto ampiamente logico e prevedibile che a ogni grande flusso si giunga facilmente a un sovraffollamento, con le strutture in sofferenza.
Sull'argomento strutturale voglio spendere una parola in più sull'ospedale Maria Vittoria al quale sono legato, da un lato professionalmente e da un lato affettivamente essendo il primo nosocomio di cui mi sono occupato come comunicatore.  È una struttura sanitaria con una storia prestigiosa e una realtà odierna di alto livello, umiliata ed ostacolata da una delle strutture edilizie peggiori del Piemonte. È un patchwork edilizio di fabbricati diversi uniti, costruiti e ristrutturati in un arco di tempo che va dal 1898 al 2000. Con quanto si è speso in manutenzione e ristrutturazione negli ultimi 30/40 anni probabilmente si sarebbero costruiti due ospedali nuovi.
Un problema invece a carattere generale è che la Regione ha totalmente trascurato da anni è il rapporto con l’utenza tramite la comunicazione pubblica, le strutture di comunicazione delle aziende (URP) sono prevalentemente piccole e abbandonate a se stesse.
Essendo le ASL o ASO aziende pubbliche di servizi condotte da tecnici di nomina politica, dalla politica spesso giunge la confusione tra comunicazione politica, istituzionale e sociale. La comunicazione delle Aziende Sanitarie è sostanzialmente di servizio e sociale, indirizzata agli utenti per loro utilità, non è assolutamente politica ed è  istituzionale solo per quanto riguarda la ricerca di fiducia nell'utenza.
Nella nostra regione la comunicazione delle aziende sanitarie si è estesa in modo molto disomogeneo, dopo le prime indicazioni generiche di metà degli anni 90, lo sviluppo è stato legato alla diversa, e quasi sempre scarsa, sensibilità di molti Direttori Generali e ad una sostanziale carenza d’indirizzi e supporti della Giunta e dell’Assessorato Regionale alla Sanità di quasi tre legislature.
Su quella attuale non possiamo ancora esprimere un giudizio.
La comunicazione istituzionale della sanità regionale, che invece dovrebbe essere prodotta dal servizio di comunicazione della Giunta Regionale, non ha mai coinvolto i servizi di comunicazione delle aziende.  Le campagne pubblicitarie sono state, dalle Aziende Sanitarie, “subite” passivamente o viste da lontano.
Nel complesso, ne risulta che la situazione della comunicazione della Sanità in Piemonte è molto arretrata rispetto alle altre Regioni del nord. Alcune, come il Veneto e l’Emilia Romagna, hanno politiche di comunicazione con il cittadino vaste e penetranti con servizi di comunicazione adeguati al caso.  Anche i rapporti di coordinamento e la collaborazione regione - aziende sono svolti con maggior intensità e generosità di mezzi.
Per tornare al caso del sovraffollamento del Pronto Soccorso, bisogna precisare che non è un ambulatorio di medicina generale aperto per 24 ore, è una struttura di alta specializzazione dedicata a quei casi sanitari che hanno una necessità più o meno immediata di cure mediche, e che non possono, proprio perché necessitano di cure urgenti, seguire il normale percorso diagnostico (Medico di base, ambulatorio specialistico, Guardia Medica, automedicazione ecc.). Infatti, ai pazienti che si presentano vengono attribuiti i codici di precedenza (triage), che definiscono le priorità d'accesso in riferimento alla compromissione dei parametri vitali della persona che si presenta in Pronto Soccorso. 
Il codice bianco è sottoposto al pagamento del ticket proprio perché non doveva accedere al pronto soccorso. Una indagine di anni addietro, svolta dalla Società italiana di medicina d'urgenza ed emergenza (Simeu), su ospedali distribuiti in tutta la penisola, ha riscontrato che solo le medicazioni familiari potrebbero alleggerire gli ospedali di almeno 2,5 milioni di visite improprie l'anno (codici bianchi).
Una ricerca effettuata presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino (da alcuni anni il primo per numero di accessi del Piemonte) ha riscontrato che buona parte dei “codici bianchi” accede per ignoranza della catena di assistenza sanitaria che termina solo nei casi più gravi al pronto soccorso (Medico di base, ambulatorio specialistico, Guardia Medica, automedicazione ecc.). Caso classico della città di Torino è che gli utenti spesso tendono a non utilizzare la Guardia Medica.
Ad iniziare dal triage è da svolgere un’attività d’informazione per chiarire i dubbi. Non sempre “codici - colore” sono conosciuti, anche se utilizzati da anni. Spesso s’ignora che l’attesa non è sintomo di assenteismo del personale medico e infermieristico o indifferenza degli stessi, ma solamente che ogni caso è valutato secondo la sua reale pericolosità, l'attesa nel pronto soccorso non è la coda dell’ Ufficio Postale…
Una riduzione, anche solo di un 30%, dei codici bianchi porterebbe evidenti risparmi economici e maggior efficienza ed efficacia dei servizi. Il problema di comunicazione non è mai stato affrontato seriamente finora. L’accesso improprio connesso a scarsa conoscenza dei servizi sanitari, indica che bisogna agire seriamente sul piano dell’informazione ai cittadini.  
Queste semplici proposte, di basso costo e buona resa, da me portate portate più volte a Direttori Generali e Assessori sono sempre cadute nel vuoto, anche se supportate da ricerche e dati statistici, principalmente per totale incomprensione e ignoranza della materia della comunicazione d’impresa, sottovalutata e/o ignorata.
Come ho affermato più volte pubblicamente, quando un manager della sanità non conosce la comunicazione e il marketing è un incompetente e non è degno del posto che ricopre.
Spero che il nuovo Assessore tenga nel dovuto conto queste osservazioni, semplici ma efficaci, che insieme ad altri input sulla comunicazione pubblica, gli ho già consegnato mesi fa, altrimenti arrivederci a gennaio 2016 per una nuova puntata del romanzo giornalistico “I pronto soccorso scoppiano, cosa fare?”……
Il mio libro sulla comunicazione di crisi in sanità



sabato 17 gennaio 2015

La storia si ripete. Ma qualcuno lo sa?

Fibbia del cinturone dei militari nazisti
La storia, si dice sempre, che è una cattiva maestra, mai tale asserzione è stata più giusta, anche in riferimento agli ultimi problemi con l’estremismo islamico.
Nel 1571 l’Islam fu sconfitto disastrosamente nella battaglia navale di Lepanto dall'armata della Lega Santa dei paesi cristiani d’Europa. Furono sbaragliati da una coalizione di marine di nazioni separate da continui contrasti, che per un attimo avevano cessato di combattersi tra loro. L’inconsueta alleanza era stata creata dall’eccessiva aggressività dell’Islam, dai sui comportamenti feroci e, in ultimo, sancita dall’assurda strage dei prigionieri veneziani che si erano arresi a Famagosta (Cipro) e l’orribile fine del loro comandante Marcantonio  Bragadin (spellato vivo).
La storia è piena di tali episodi, Hitler dopo l’invasione della Francia si credeva invincibile, l’invasione dell’Unione Sovietica fu la sua perdizione, una avventura militare folle punteggiata da stragi di popolazioni e dei prigionieri militari russi. Non solo coalizzò l'URSS stalinista con le democrazie occidentali, da sempre divise, ma quando i russi invasero le terre germaniche la loro vendetta fu tremenda.
Sul cinturone, portato dagli appartenenti all'esercito nazista e alle SS vi era inciso sulla borchia la scritta “Gott mit uns” che significa “Dio è con noi”. La storia ha dimostrato che Dio era ben altrove.
Nei tempi più vicini, in Italia, l’assurda violenza delle “Brigate Rosse” che inseguivano, con l’aiuto del KGB, il folle e impossibile sogno di una rivoluzione in un paese democratico nel quale non vi erano gli elementi per scatenare una rivolta.  La loro violenza insensata portò a una reazione durissima dello Stato e della società italiana, innescarono così un processo che alla fine li distrusse.
La mafia con le stragi di Falcone e Borsellino innescò un processo di risposta dura dello Stato che le ha costrette a ridurre il loro losco potere e i criminosi obiettivi.
Oggi la strage di Parigi ha posto concretamente l’Occidente davanti a scelte drastiche legislative e di ordine pubblico, saranno emanati atti ed effettuate operazioni di sicurezza pubblica che fino a ieri sarebbero parse inimmaginabili e anche un pò liberticide. Gli interventi militari sono pienamente legittimati. 
Il risultato del folle attacco al “Charlie Hebdo” è solo questo. La marcia di Parigi era pressoché inimmaginabile prima dell' attentato, con un pò di buon senso e cultura sarebbe era un esito prevedibile. Ma cultura e violenza, per fortuna, non viaggiano mai a braccetto.
Le forze del male non leggono mai la storia e in genere così si autodistruggono: quasi immancabilmente la loro presunzione le porta alla perdizione.
E’ ormai chiaro per tutti che l'islam, non è conciliabile con le esigenze dello stato di diritto occidentale. Non ha avuto un illuminismo, la società islamica è chiaramente arretrata, si trova affrontare ora i problemi che la cristianità aveva prima del processo illuministico. La moderazione pare sempre più un’utopia.
Il terrorismo islamico come quello politico, si fondano sulla fanatica visione di supremazia della razza, del pensiero o della religione. L’eversione trova sempre fondamento in religioni o pensieri politici intolleranti ed illiberali.
Con riferimento conclusivo al processo storico, mi piace finire con le parole di due personaggi, uno gigante dell’illuminismo e l’altro padre storico del pensiero liberale. Sono testi scritti 150/200 anni addietro che paiono d’oggi, a significato di quanto poco cambino le cose.
“I profeti cristiani, che si segnalarono per la loro umiltà, stabilirono ovunque l’uguaglianza. Maometto, che visse nella gloria, stabilì ovunque la sottomissione. Dopo che la sua religione fu portata in Asia, Africa ed Europa, si crearono prigioni. Metà del mondo s’eclissò. Si videro soltanto inferriate e chiavistelli. Tutto si velò di nero nell’universo, e il bel sesso, sepolto insieme coi suoi incanti, pianse ovunque la propria libertà.Charles Louis de Montesquieu  (1689 – 1755).


Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto. A quanto vedo, l'Islam è la causa principale della decadenza oggi così evidente nel mondo musulmano, e, benché sia meno assurdo del politeismo degli antichi, le sue tendenze sociali e politiche sono secondo me più pericolose. Per questo, rispetto al paganesimo, considero l'Islam una forma di decadenza anziché una forma di progresso. “ Alexis de Tocqueville (1805 – 1859).
Stendardo della Lega Santa utilizzato nella battaglia di Lepanto.

sabato 10 gennaio 2015

Come lo vuole il caffè? Ovvero dell'opinionismo sfrenato.....

Come sono gli italiani si può vedere al bar, entri con quattro amici e dici quattro caffè, ovviamente ne richiederanno uno normale, un macchiato caldo, uno lungo, un macchiato freddo e se siete più di quattro verranno altre versioni, corretto ecc. 
Quanto sopra per sintetizzare certi comportamenti degli italiani, giornalisti e politici prima di tutti. 
Passata l'emotività dell' immediato per il massacro di Parigi, iniziano gli infiniti distinguo e insensati bla bla su tutti i media. 
"Si, ma..... le vignette erano troppo crude, però toccare la religione non si dovrebbe, libertà di parola ad oltranza, qualche torto lo hanno anche loro, esistono i musulmani buoni, no sono tutti cattivi, bisogna cacciarli tutti, no solo qualcuno, chiudere le frontiere, oppure socchiuderle, o aprirle del tutto, sono della CIA, ma il Mossad qualcosa sa.....  
E così via, tante belle prese di posizione, che hanno nella maggior parte una nota comune, l'ambiguità, il tentativo di essere contemporaneamente pro e contro tutto e tutti. 
Chi prende posizioni decise, è fastidioso, non è un coraggioso, deciso o lucido,  è un estremista, sempre visto con sospetto.  Chi cerca di far chiarezza, condivisa o non condivisa, viene sempre travolto dagli opinionismi  e dissertazioni sul nulla, il sempiterno "si, ma..."
E' un italico male antico, ai tempi del Risorgimento si diceva con ironia che vi era abbondanza gli eroi della sesta giornata di Milano quando erano state solo cinque...... Chi voleva Re Carlo Alberto, chi osannava a Radetzky, e chi cambiava parere secondo chi era il vincitore.
Ricordo un amico, valoroso ex capo partigiano, negli anni 70' mi diceva che dopo la guerra nella sua zona erano stati rilasciati ventimila attestati di "partigiano combattente".  Lui, che da uomo onesto e coraggioso, tornato alla vita normale non era si nemmeno iscritto alle associazioni, mi diceva in dialetto "ma dove erano? mai visti più di 500 prima del 25 aprile".
E' risaputo che nel secondo dopoguerra era difficilissimo trovare un italiano che affermasse di essere mai stato fascista. Il regista Luciano Salce, nel film "Il Federale" (1961) interpretato da un magistrale Tognazzi, nella pellicola in poco più di un'ora, con raffinata ed intelligente ironia e umorismo delinea quel mondo dei voltagabbana, che tutti sanno esiste, ma nessuno vuol prenderne atto.
In merito alla strage di Charlie Hebdo,  debbo confessare che buona parte delle vignette del giornale parigino non mi piacciono, specie quelle a carattere religioso, da agnostico e liberale, pur non praticando nessuna religione, le rispetto tutte, purché si mantengano nell'ambito del legale e lecito, senza fanatismi. Non mi sognerei mai di entrare in una sinagoga senza kippah o in una moschea con le scarpe. Ma ci sono limiti di civiltà che obbligano le persone oneste a prendere posizione, se poi se si riveste una posizione di potere è un dovere. 
Detto questo, ritengo vile e irresponsabile fare qualsiasi distinguo o dare la benché minima giustificazione all’atto di violenza di Parigi
Un fatto è rispondere ad un'offesa (vera o presunta) con una querela per diffamazione o qualsiasi altro strumento giuridico o mediatico. Ben altro è ricorrere alla violenza. Se anche pallidamente si legittima la risposta violenta, si apre il baratro e si torna al medio evo. 
Dell'ambiguità irresponsabile di certi personaggi ancora è fresco il ricordo degli “anni di piombo”, di chi parlava di "compagni che sbagliano"......

Una volta tanto vorrei che Governo, partiti, sindacati, giornalisti ecc., ovvero tutti coloro che dovrebbero contribuire alla formazione dell'opinione pubblica e all'educazione civica, quando vanno al bar prendano il caffè come gli pare, ma quando sono in pubblico, e parlano di cose più che serie, si attengano ai nostri principi di cultura e civiltà, con posizioni chiare e corrette, senza ma e forse......
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/antichi-aforismi/frase-159972?f=a:1197>

mercoledì 7 gennaio 2015

La libertà è anche ridere.....

L'attentato di Parigi alla redazione del giornale umoristico Charlie Hebdo è la lampante dimostrazione che con l'integralismo islamico non si tratta ma si combatte.  Tutte le dittature e le ideologie violente ed assassine temono il ridicolo più delle armi. Quando prendono il potere la loro incapacità di dialogare inizia sempre con la persecuzione e soppressione di chi fa umorismo e satira, per poi proseguire con la stampa libera. 
Il motto nazionale della Repubblica Francese è :Liberté, égalité, fraternité. Nulla può dare di più fastidio alle tirannidi.
E' sciocco e vile illudersi che la tolleranza e il pacifismo ad oltranza inducano i violenti a desistere dalle loro azioni. La storia purtroppo è cattiva maestra, nel 1938 i Sudeti e l'Austria non fermarono Hitler, anzi stimolarono il suo appetito, nella convinzione che il pacifismo fossero solo lassismo e viltà. Nel 1939 fu detto "chi vorrà morire per Danzica", ne morirono 50 milioni!
L'Europa, dopo secoli di guerre ha trovato una pace interna stabile che la sta viziando e la porta ad un irrazionale lassismo. Si è infiltrato nelle coscienze un pacifismo ad oltranza, non si è disposti a sacrificare nulla per la libertà, salvo il denaro per tentare di comprarla.  
Eliminato il servizio di Leva, si è inteso che libertà,  pace e sicurezza sono un bene commerciale acquisito, per mantenerlo basta  pagare i "mercenari" e basta. Anche qui la storia è cattiva maestra, quando l'Impero Romano delegò la difesa dei confini ai mercenari, fedeli per denaro e non per ideologia, iniziò il declino che lo condusse alla fine.
Parigi è molto vicina, non lo dimentichino a Roma, la smettano con i giochetti del voler "capire" e tollerare sempre tutto e tutti con un terzomondismo da quattro soldi. L'Italia è la nostra Terra, con la nostra Lingua, Storia, Tradizione, Religioni  (al plurale, perchè  Ebrei e Protestanti sono ottimi italiani)  e Democrazia, chi vi entra deve comprendere rispettare tutto ciò, è un ospite e, se ne sarà degno, potrà averne anche l'Onore di averne la cittadinanza. Certamente, anche gli italiani sono stati emigranti, ma nei paesi che li hanno ospitati si sono conquistati l'integrazione con lavoro e rispetto di quelle nazioni.
Pertanto, una piena solidarietà ai giornalisti francesi, che con il loro humor hanno consapevolmente sfidato una pericolosa tirannia ideologica. La battaglia è solo iniziata, bisogna continuare a scrivere e disegnare, le idee sono sempre state più forti delle armi, ma non guasta mai avere un'arma a portata di mano, l'antico motto " si vis pacem para bellum" è sempre attuale.





sabato 3 gennaio 2015

Il rispetto per il cittadino è Comunicazione Pubblica

Sono le 5.30 circa di una fredda mattina d’inizio gennaio 2007. Sono appena terminate le festività natalizie. La via del quartiere di Torino dove abito è ancora deserta. La città è prossima al risveglio, nell’ovattato silenzio dell’alba si sente un forte tonfo, seguito dopo pochi minuti da un angosciato grido di donna: “Papà, papà! Perché l’hai fatto?”.
Sulla via si aprono porte e finestre, la gente si affaccia, qualcuno scende in strada. Il corpo di un uomo sui cinquant'anni, vestito solo di un pigiama grigio, ormai insanguinato, giace sull'asfalto, rannicchiato davanti al portone di una casa, circondato da tre donne piangenti. Un essere umano che ha deciso di porre fine alla sua vita gettandosi in strada dal balcone del quinto piano.
Vi è ancora un barlume di vita nel poveretto, pochi minuti e giunge un'ambulanza del 118 seguita da un'altra. Medici e infermieri si prodigano oltre ogni limite, massaggio cardiaco, iniezioni, respirazione artificiale. Tutto invano: dopo 40 minuti di sforzi, la vita lascia quel corpo martoriato. Pietosamente un lenzuolo bianco è posto sul corpo, sono quasi le 6.30. Da quel momento inizia l'ultimo iter burocratico della sua esistenza terrena. Il povero ex contribuente, che nella vita ha fatto mille attese, negli uffici postali, in comune e in altri pubblici luoghi, inizia la sua coda per andare il cimitero.
Insieme all’ambulanza sono giunti due Carabinieri, un maresciallo e un appuntato di mezza età, quelle solide figure di militi delle stazioni di quartiere, che hanno visto di tutto: delitti, suicidi, risse in famiglia. Non si stupiscono di nulla, hanno imparato a distinguere il dolore dalla delinquenza e sanno alternare buon senso e il codice penale nei momenti giusti. L'appuntato “piantona” come da regolamento il corpo, ma con discrezione.  Dai marciapiedi sguardi di passanti diretti al lavoro. Il maresciallo si occupa delle “formalità di rito”. Con delicatezza interroga i parenti del suicida ed i testimoni. Telefona poi per chiedere la presenza del medico legale, che deve costatare la morte ed il magistrato “di turno” che deve autorizzare la rimozione del cadavere, come prescrive la legge.
Verso le nove arriva finalmente il medico legale. Con fredda ed efficiente professionalità inizia gli accertamenti sul corpo esanime. Il maresciallo, nel frattempo, continua a telefonare per sollecitare l’arrivo del magistrato. L'appuntato, rimasto più volte solo vicino al cadavere, con gesti pietosi rimbocca il lenzuolo, che il freddo vento di gennaio di quando in quando solleva. Ad un certo punto sposta anche la sua auto per impedire la vista del cadavere ai passanti.
Il tempo passa. Verso le dieci arriva finalmente il magistrato. Compila e firma le ultime scartoffie della burocrazia che affligge un essere umano, parla con il medico legale e finalmente dà il consenso alla rimozione. Intanto è giunto il lucido furgone grigio dei “servizi speciali cimiteriali: il taxi comunale per l'obitorio. Finalmente, passate le 10,30 è vuota la scena del dramma.
Quel povero corpo, tra lo strazio della famiglia, è rimasto sull'asfalto per oltre cinque ore, gettato come la carogna di un animale, tra il passaggio di gente curiosa o indifferente.
Tante  volte abbiamo visto queste scene, suicidi o incidenti d’auto, spesso cinque - sei ore nell’attesa del magistrato o del medico legale. Non so quella mattina quali impegni avesse il magistrato, ma è giusto che la scena della fine della vita di un essere umano sia questa? Un cittadino ha diritto al rispetto anche da defunto o questo trattamento è un ticket da pagare per la morte fuori del letto di casa o d’ospedale, disturbando la Pubblica Autorità?
Sappiamo bene che un cadavere non può essere rimosso senza l'assenso del magistrato, ma in certi casi, così evidenti, come suicidi o incidenti stradali, non si possono modificare le norme ed incaricare un Ufficiale di Polizia? Oppure il magistrato non può essere prelevato da un'auto della Polizia con sirena? Negli ultimi anni abbondano, anche a sproposito, i veicoli con il fungo blu e sirena. E’ mai possibile che nel paese delle tante polizie non ci sia un lampeggiatore e una sirena per far arrivare un magistrato rapidamente sul luogo dove c’è un cadavere?
Non fosse per i due Carabinieri, degni della tradizione d’efficienza e umanità della loro Arma, e della grande professionalità dei sanitari del 118, i resti di quel povero essere umano sarebbero  stati abbandonati dallo Stato sull’asfalto, come un oggetto inutile.
Servo lo Stato da quasi oltre un quarto di secolo. Non ho mai accettato che nessuno, dall’usciere al dirigente, davanti ai casi umani, allarghi le braccia dicendo: “È la legge”  oppure ” è un ordine”.
Queste frasi del burocrate, che abdicano dalla ragione, fanno rabbrividire, vengono in mente i libri di Primo Levi e Vincenzo Pappalettera, la descrizione dei funzionari del Reich tedesco che spuntavano, con teutonica efficienza, i precisi elenchi degli ebrei da eliminare: erano solo “ein stuck” un “pezzo”, non un uomo, una cosa! Quei solerti funzionari, con facce da brav’uomo che poi, a guerra finita, non si sono sentiti colpevoli, avevano solo seguito la legge o un ordine superiore…….
L'applicazione delle norme senza ragione ed umanità è un’offesa alla democrazia, il diritto positivo non insegna questi comportamenti da quasi due secoli. Cesare Beccarla scrisse “Dei delitti e delle pene”  nel 1773. Ancora troppe volte chi ha forti poteri nello Stato, politico o funzionario, si adagia nella comoda poltrona della burocrazia e dimentica l'uomo con la U maiuscola.
Certi eventi mi rendono orgoglioso di appartenere all’Associazione Comunicazione Pubblica quasi dalla sua fondazione. Non abbiamo ancora distrutto i burocrati e i loro comportamenti, ma in questi 25 anni abbiamo sempre combattuto e continuiamo a farlo. Qualche successo l’abbiamo ottenuto e non ci siamo mai arresi né abbiamo allargato le braccia davanti alle ingiustizie o follie della burocrazia.
Pensare al faticoso cammino della “nostra” legge 150/2000, mi dà a volte momenti di scoramento. Ma subito mi riprendo, pensando alle parole dell’eroe nazionale ungherese Lajos Kossuth, che visse nella Torino risorgimentale ” Non abbiamo vinto, ma abbiamo combattuto. Non abbiamo abbattuto il tiranno, ma abbiamo fermato la sua corsa. Se un giorno qualcuno parlerà di noi dirà che abbiamo resistito”.