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mercoledì 11 febbraio 2015

Consociativismo, oppio dei popoli

Consociativismo è il sinonimo principe della 'condivisione del potere' (power-sharing). In Italia è partito dalla politica ed è poi diventato l’aspirazione principale degli italiani, in tutte le loro attività.
Chi esercita la maggioranza, in qualsiasi situazione, non vuole avere un'autentica opposizione. E' una cosa che disturba e irrita, per cui bisogna assolutamente blandirla e coinvolgerla in qualche modo perché stia buona.
Chi all’opposizione non si rassegna alla carenza di potere e non coglie più minimamente che fare  l’opposizione è la nobile essenza della democrazia. Opporsi è ormai solo un mestiere faticoso e di poca resa, come dicevano con ironia Monelli e Novello “La guerra è bella ma scomoda”.
E così la politica italiana, a partire dai tempi dei vecchi PCI e DC  ha eletto il consociativismo a sistema principe, che cerca di coinvolgere tutto e tutti. 
Purtroppo ciò  si esplica sia nelle forme lecite sia in quelle illecite, la dimostrazione pratica è quasi quotidiana, ogni volta che scoppia una tangentopoli o scandalo di qualsiasi genere, finiscono nelle patrie galere sempre un congruo numero di politici puntualmente ed equamente ripartiti tra tutti gli schieramenti. Quelli che non ci sono è solo questione di tempo....
Dalla politica il tarlo consociativo lentamente si è allargato a tutta la società.
Se fai autenticamente il sindacalista sei un irritante rompiscatole, meglio far finta di urlare e poi mettersi d’accordo sottobanco, magari con qualche benefit personale. Ad esempio negli enti pubblici è raro che un dirigente sindacale non vinca un concorso…
Nell’informazione il coro è quasi sempre unanime, pochi giornalisti vanno fuori dal coro, è scomodo, bisogna lavorare il doppio, può irritare il Direttore o la proprietà della testata che si sente le telefonate (e minacce) di chi non è contento, poi puoi anche perdere i benefit e così via….
In questi giorni, seguendo il Festival di Sanremo, mega evento seguito da un migliaio di giornalisti provenienti da tutto il mondo, si nota uno strano fenomeno di sdoppiamento. Sui social media si leggono critiche di ogni genere da parte di persone delle più varie provenienze, rilievi che vanno dalla qualità del programma per finire spesso all’essenza stessa dell’evento.
Invece sui media classici sono rare e moderate le voci critiche e discordanti.
Il tutto viaggia pressoché in sintonia con la conduzione di mamma RAI, che  è la più piatta e consociativa possibile. Si fa cantare una barbuta drag queen, ma si presenta prima una famiglia con 16 figli, iper classica e religiosissima, della quale sinceramente non importa niente a nessuno, ma di sicuro soddisfa qualcuno….  Trasgressione e tradizione super calibrata, cantano elementi che sono veramente discutibili per stile e qualità, ma vengono esorcizzati dai super classici e melodici Albano e Romina.
Il conduttore Conti ogni tre battute (di disarmante banalità) ringrazia tutto e tutti, sorride sempre, anche se casca il soffitto coadiuvato da tre vallette inesistenti, la cui funzione reale è oscura.
Una simile kermesse può non essere che gradita all’establishment, è una così lampante e chiara manifestazione consociativa, altro che Patto del Nazareno...
K. Marx aveva detto che la “religione è l’oppio dei popoli”, se vivesse oggi dovrebbe rivedere la questione per capire quale sia di preciso l’”oppio”, forse lo identificherebbe nel “consociativismo”…..