Appartengo alla prima generazione della
comunicazione pubblica, quella nata sul campo,
quando le lauree in comunicazione ed equipollenti non esistevano, si
parlava a malapena di uffici stampa nei grandi enti e le pubbliche relazioni
non esistevano al di fuori delle ditte private molto avanzate.
Il mestiere di
Comunicatore Pubblico oggi è ben delineato, è quello di un professionista,
preparato e ora anche certificato, che comunica la sua istituzione, che è parte
dello Stato, curando in primo luogo il pubblico interesse. Sono le caratteristiche
professionali per le quali l’Associazione Compubblica si batte da quasi 30 anni.
Il Comunicatore
Pubblico non è ne un santo ne un missionario, non è al di fuori del mondo, può certamente
avere sue idee politiche, ma deve essere, prima di tutto, fedele allo Stato e al pubblico
interesse.
Chi invece
svolge la funzione di “portavoce” o di comunicatore in qualsiasi ruolo, su
nomina politica, dovrebbe essere scelto dai politici per capacità professionale
e non per mera “canina fedeltà” al politico o al partito. Dovrebbe poi attenersi
a regole di lealtà verso lo Stato, anche se non è di ruolo.
Quando insegno
ai giovani la mia professione, cioè quella di comunicatore pubblico, premetto
sempre una cosa molto semplice, i comunicatori bravi e preparati sono tutti “primedonne”, è un mestiere che richiede
carattere per essere svolto con efficacia. Ma per essere una vera “primadonna”, e non una brutta copia,
significa sapere come e quando entrare ed uscire di “scena” e sapere su quali
palcoscenici esibirsi.
Purtroppo da
alcuni anni i politici umiliano i professionisti di carriera della
comunicazione, spesso affidano la comunicazione pubblica a personaggi improvvisati,
dagli amici e parenti a personaggi estranei al settore pubblico. A volte vi
sono tra loro professionisti validi, ma per altri contesti professionali, incontriamo troppi elementi
presuntuosi che non hanno l’adeguata
professionalità e umiltà per comprendere dove si opera, come e con chi.
Chi comunica professionalmente
un ente o un suo amministratore deve essere sempre disponibile e presente, ma pressoché
“trasparente”. Per chi è stato in prima linea, ad esempio
come un giornalista di testata o televisivo, può essere poco piacevole, ma il mestiere è quello, se non
piace basta non farlo.
Per fare un semplice paragone, un'agenzia pubblicitaria
vende il prodotto del cliente ma non se stessa contemporaneamente, per pubblicizzarsi
usa strumenti e momenti diversi da quelli che usa per il cliente.
Essere l’Addetto
Stampa o Capo di Gabinetto del sindaco, presidente o ministro non significa poi
credere di avere i loro poteri. Devono essere rispettati, struttura e gerarchie dell'istituzione,
i comunicatori politici sono solo dei collaboratori pro tempore, come chi li ha nominati. In quelle posizioni si sono
create o distrutte carriere, perché al termine del mandato politico, tutto è
azzerato e quasi sempre si è premiati o puniti professionalmente, a seconda di
come si è operato.
Negli ultimi 20 anni,
e non parlo di una sola componente politica, ma praticamente di tutte, abbiamo
assistito alla nomina di addetti stampa e capi di gabinetto che debordano dalle
loro funzioni, tiranneggiano i comunicatori di ruolo, si pongono davanti ai
loro rappresentati istituzionali, perché magari nella gerarchia del partito
erano o sono importanti.
A volte arroganti
e offensivi con i giornalisti, irrispettosi delle strutture istituzionali e di
dirigenti e funzionari, spesso addirittura più dialoganti con il partito invece
che con il loro referente istituzionale.
Alcune elementari regole professionali, normali e logiche sono
spesso poi sistematicamente violate, a volte per ignoranza a volte per presunzione.
Negli eventi che
lo richiedono bisogna seguire il cerimoniale, non rispettarlo non significa
essere moderni o originali, si è solo ridicoli e maleducati. Il comunicatore,
durante l’evento, deve essere vicino all'amministratore, sempre pronto a
intervenire, ma mai di fianco o davanti, è anche da evitare di essere ripresi
nelle foto ufficiali. Deve essere educato e corretto il rapporto con i giornalisti,
fanno il loro mestiere anche quando i loro articoli non sono graditi, trattarli
male e con arroganza di certo non migliora le situazioni.
Non si
rilasciano mai interviste di alcun genere, a meno che non sia richiesto da
particolari condizioni, come ad esempio la comunicazione di crisi.
Il cerimoniale,
preziosa ed utile arte sempre attuale., troppe volte è violata da chi non la
conosce e non ascolta i professionisti, genera incredibili gaffes che, per il momento pubblico in cui accadono, hanno
immediata ed eccezionale risonanza con effetti di immagine disastrosi.
Nella loro presuntuosa
arroganza, questi comunicatori politici, dimenticano che il porsi in situazioni
di eccessiva ed errata visibilità è un bellissimo regalo fatto ai nemici della
loro parte politica e dell’amministratore che seguono. Procurano l’occasione
imperdibile di attaccare il collaboratore di un politico, che è molto più
debole del suo capo ma gli è vicinissimo. Di regola il risultato è di lesione
politica e di immagine ottimale, non ci vuol molto a comprenderlo.
Non ho fatto
nomi, ma anche le cronache di oggi ci parlano di una gaffes istituzionale di un portavoce, ma non è l’unico e non è solo
il suo partito quello che fa queste cose. Le cronache sono piene da anni di
casi similari, spesso il caso non è pubblico, ma in modo più insidioso, con la scusa di risparmi economici,
si sono ridotti dimensione, poteri e indipendenza dei servizi di comunicazione di molti
enti pubblici.
Il risultato è evidente, grandi enunciazioni di modernismo, ma in concreto le nuove professionalità sono fastidiose a vecchi burocrati e politici, tutti super conservatori,
abilissimi nel travestirsi da innovatori. La Pubblica Amministrazione è ormai
costellata degli errori, compromessi e clientelarismi dei politici, scaricate
tutte sui dipendenti di ruolo.
il risultato è che i cittadini vedono sempre più la Pubblica
Amministrazione, come entità lontana, diretta emanazione della politica e non più come
istituzione imparziale.
Le ultime elezioni hanno
visto vittorie e sconfitte nate sulla capacità e incapacità di comunicazione o
del suo rinnovamento. Quasi sempre proprio gli errori di comunicazione, causati
dalla confusione tra comunicazione politica ed istituzionale hanno causato
pesanti sconfitte.
Ribadisco che la Comunicazione
Pubblica Istituzionale è, e deve essere, al servizio dello Stato, tenacemente e
orgogliosamente, apolitica e apartitica. Può e deve dialogare con tutti coloro
che gestiscono la cosa pubblica, di qualunque forza politica appartengano, ma non
deve esserne parte. ciò è nell'interesse di tutti, in prima linea i politici
stessi.
Quasi sempre le
componenti politiche che perdono lamentano l’incomprensione dei cittadini per
il lavoro svolto. MA, ribadisco con forza, non solo ideologica, ma
supportata da fatti concreti, che se ci fossero stati nelle amministrazioni
pubbliche più comunicatori pubblici professionisti, imparziali, preparati e
regolarmente riconosciuti e contrattualizzati e meno portavoce, portaborse e
pseudo-consulenti, si sarebbero evitati molti guai e i cittadini sarebbero meno
mal disposti nei confronti degli amministratori pubblici e della PA.
Mi chiedo quanti guai, causati da politici
pasticcioni supportati da comunicatori improvvisati, debbono ancora accadere,
perché la politica comprenda che sono indispensabili comunicatori pubblici
professionisti ed imparziali.
Pier Carlo Sommo
Segretario Generale
Associazione per la Comunicazione
Pubblica e Istituzionale