domenica 23 settembre 2018

Identikit di un Comunicatore Pubblico, ad uso di politici pasticcioni.



Appartengo alla prima generazione della comunicazione pubblica, quella nata sul campo,  quando le lauree in comunicazione ed equipollenti non esistevano, si parlava a malapena di uffici stampa nei grandi enti e le pubbliche relazioni non esistevano al di fuori delle ditte private molto avanzate.
Il mestiere di Comunicatore Pubblico oggi è ben delineato, è quello di un professionista, preparato e ora anche certificato, che comunica la sua istituzione, che è parte dello Stato, curando in primo luogo il pubblico interesse. Sono le caratteristiche professionali per le quali l’Associazione  Compubblica si batte da quasi 30 anni.
Il Comunicatore Pubblico non è ne un santo ne un missionario, non è al di fuori del mondo,  può  certamente avere sue idee politiche, ma deve essere, prima di tutto, fedele allo Stato e al pubblico interesse.
Chi invece svolge la funzione di “portavoce” o di comunicatore in qualsiasi ruolo, su nomina politica, dovrebbe essere scelto dai politici per capacità professionale e non per mera “canina fedeltà” al politico o al partito.  Dovrebbe poi attenersi a regole di lealtà verso lo Stato, anche se non è di ruolo.
Quando insegno ai giovani la mia professione, cioè quella di comunicatore pubblico, premetto sempre una cosa molto semplice, i comunicatori bravi e preparati sono tutti “primedonne”, è un mestiere che richiede carattere per essere svolto con efficacia. Ma per essere una vera “primadonna”, e non una brutta copia, significa sapere come e quando entrare ed uscire di “scena” e sapere su quali palcoscenici esibirsi.
Purtroppo da alcuni anni i politici umiliano i professionisti di carriera della comunicazione, spesso affidano la comunicazione pubblica a personaggi improvvisati, dagli amici e parenti a personaggi estranei al settore pubblico. A volte vi sono tra loro professionisti  validi, ma per altri contesti professionali, incontriamo troppi elementi presuntuosi che non hanno l’adeguata professionalità e umiltà per comprendere  dove si opera, come e con chi.
Chi comunica professionalmente un ente o un suo amministratore deve essere sempre disponibile e presente, ma pressoché “trasparente”.  Per chi è stato in prima linea, ad esempio come un giornalista di testata o televisivo, può essere poco piacevole, ma il mestiere è quello, se non piace basta non farlo.
 Per fare un semplice paragone, un'agenzia pubblicitaria vende il prodotto del cliente ma non se stessa contemporaneamente, per pubblicizzarsi usa strumenti e momenti diversi da quelli che usa per il cliente.
Essere l’Addetto Stampa o Capo di Gabinetto del sindaco, presidente o ministro non significa poi credere di avere i loro poteri. Devono essere rispettati, struttura e gerarchie dell'istituzione, i comunicatori politici sono solo dei collaboratori pro tempore, come chi li ha nominati. In quelle posizioni si sono create o distrutte carriere, perché al termine del mandato politico, tutto è azzerato e quasi sempre si è premiati o puniti professionalmente, a seconda di come si è operato.
Negli ultimi 20 anni, e non parlo di una sola componente politica, ma praticamente di tutte, abbiamo assistito alla nomina di addetti stampa e capi di gabinetto che debordano dalle loro funzioni, tiranneggiano i comunicatori di ruolo, si pongono davanti ai loro rappresentati istituzionali, perché magari nella gerarchia del partito erano o sono importanti.
A volte arroganti e offensivi con i giornalisti, irrispettosi delle strutture istituzionali e di dirigenti e funzionari, spesso addirittura più dialoganti con il partito invece che con il loro referente istituzionale.
Alcune elementari regole professionali, normali e logiche sono spesso poi  sistematicamente violate, a volte per ignoranza a volte per presunzione.
Negli eventi che lo richiedono bisogna seguire il cerimoniale, non rispettarlo non significa essere moderni o originali, si è solo ridicoli e maleducati. Il comunicatore, durante l’evento, deve essere vicino all'amministratore, sempre pronto a intervenire, ma mai di fianco o davanti, è anche da evitare di essere ripresi nelle foto ufficiali. Deve essere educato e corretto il rapporto con i giornalisti, fanno il loro mestiere anche quando i loro articoli non sono graditi, trattarli male e con arroganza di certo non migliora le situazioni.
Non si rilasciano mai interviste di alcun genere, a meno che non sia richiesto da particolari condizioni, come ad esempio la comunicazione di crisi.
Il cerimoniale, preziosa ed utile arte sempre attuale., troppe volte è violata da chi non la conosce e non ascolta i professionisti, genera incredibili gaffes che, per il momento pubblico in cui accadono, hanno immediata ed eccezionale risonanza con effetti di immagine disastrosi.
Nella loro presuntuosa arroganza, questi comunicatori politici, dimenticano che il porsi in situazioni di eccessiva ed errata visibilità è un bellissimo regalo fatto ai nemici della loro parte politica e dell’amministratore che seguono. Procurano l’occasione imperdibile di attaccare il collaboratore di un politico, che è molto più debole del suo capo ma gli è vicinissimo. Di regola il risultato è di lesione politica e di immagine ottimale, non ci vuol molto a comprenderlo.
Non ho fatto nomi, ma anche le cronache di oggi ci parlano di una gaffes istituzionale di un portavoce, ma non è l’unico e non è solo il suo partito quello che fa queste cose. Le cronache sono piene da anni di casi similari, spesso il caso non è pubblico, ma in modo più insidioso, con la scusa di risparmi economici, si sono ridotti dimensione, poteri e indipendenza dei servizi di comunicazione di molti enti pubblici.
Il risultato è evidente, grandi enunciazioni di modernismo, ma  in concreto le nuove professionalità sono fastidiose a vecchi burocrati e politici, tutti super conservatori, abilissimi nel travestirsi da innovatori. La Pubblica Amministrazione è ormai costellata degli errori, compromessi e clientelarismi dei politici, scaricate tutte sui dipendenti di ruolo.
il risultato è che i cittadini vedono sempre più la Pubblica Amministrazione, come entità lontana,  diretta emanazione della politica e non più come istituzione imparziale.
Le ultime elezioni hanno visto vittorie e sconfitte nate sulla capacità e incapacità di comunicazione o del suo rinnovamento. Quasi sempre proprio gli errori di comunicazione, causati dalla confusione tra comunicazione politica ed istituzionale hanno causato pesanti sconfitte.
Ribadisco che la Comunicazione Pubblica Istituzionale è, e deve essere, al servizio dello Stato, tenacemente e orgogliosamente, apolitica e apartitica. Può e deve dialogare con tutti coloro che gestiscono la cosa pubblica, di qualunque forza politica appartengano, ma non deve esserne parte. ciò è nell'interesse di tutti, in prima linea i politici stessi.
Quasi sempre le componenti politiche che perdono lamentano l’incomprensione dei cittadini per il lavoro svolto. MA, ribadisco con forza, non solo ideologica, ma supportata da fatti concreti, che se ci fossero stati nelle amministrazioni pubbliche più comunicatori pubblici professionisti, imparziali, preparati e regolarmente riconosciuti e contrattualizzati e meno portavoce, portaborse e pseudo-consulenti, si sarebbero evitati molti guai e i cittadini sarebbero meno mal disposti nei confronti degli amministratori pubblici e della PA.
Mi chiedo quanti guai, causati da politici pasticcioni supportati da comunicatori improvvisati, debbono ancora accadere, perché la politica comprenda che sono indispensabili comunicatori pubblici professionisti ed imparziali.

Pier Carlo Sommo
Segretario Generale
Associazione per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

  

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