martedì 20 novembre 2018

Gli adulatori, detti lecchini, indispensabili accessori dei pessimi capi


Gli adulatori, detti lecchini, indispensabili accessori dei  pessimi capi

         Hanno riscosso un notevole interesse i miei due precedenti articoli sui pessimi capi, per cui oggi completeremo il quadro dei problemi comportamentali nelle aziende parlando di uno degli accessori di un pessimo capo: gli adulatori, detti oggi correntemente “lecchini”.
Il Sommo Dante Alighieri relegava all’Inferno i cosiddetti adulatori, nella II Bolgia dell’VIII Cerchio, immersi fino al collo negli escrementi, per aver adulato i potenti per fini personali. Non si può che condividere il suo alto pensiero a riguardo tale categoria di persone, pronti a cambiare opinione a seconda degli orientamenti politici o professionali  della persona che desiderano adulare per ottenere dei vantaggi.
Il fenomeno dell’adulazione detta oggi lecchinaggio è quell'atteggiamento infimo e servile volto ad ottenere approvazioni o favori da parte di chi si trova nella scala gerarchica lavorativa o politica su un gradino superiore al proprio.  Un fenomeno costante nel tempo.
Tali individui sono un indispensabile accessorio dei pessimi capi, nel mondo del lavoro tutti hanno modo di assistere alle tragicomiche scene di colleghi, emuli di certe scene della saga di Fantozzi, che del lecchinaggio ne hanno fatto un modus operandi per sviluppare la propria carriera.
Le  persone normali  osservano con pietà o senso del ridicolo chi porta la borsa al capo appena entra in ufficio, chi gli porta a spasso il cane, chi fa il caddy al golf o il raccattapalle al tennis, chi fa la spia di qualsiasi cosa dicano o facciano i colleghi.

Naturalmente nessuno degli affetti da questa deprecabile e patologica forma di “aggregazione sociale” ammetterà mai di aver adulato il capo o il politico di turno per ottenere una promozione o un favore. I lecchini, con solida faccia di bronzo, sono sempre i primi a parlare di “meritocrazia”. Dicono che tutti i colleghi sono sfaticati,  solamente “invidiosi” dell’eventuale posizione raggiunta con la loro poco commendevole attività. Tutto ciò nonostante chi li conosce bene sia pienamente consapevole del modo in cui la loro carica è stata ottenuta.
            È facilissimo da riconoscere il lecchino, è sempre pronto ad accorrere o a mettersi in vista se il suo capo ha bisogno di un intervento rapido. Per  far carriera e adulare chi detiene il potere, il lecchino non ha limiti ne pudore,e non disdegna alcun mezzo, lecito o meno.
Di regola non si fa scrupolo a calpestare qualsiasi altro collega sottraendogli un’idea e spacciandola per propria. Promette di fare lavori che non conosce in tempi assurdi, per poi accusare di sabotaggio gli altri dei quasi certi e prevedibili fallimenti.
Spia il comportamento dei  suoi compagni di lavoro ed è abile a riportare al capo frasi, ben decontestualizzate, di cui si può anche mutare o inventare parte del contenuto. Il soggetto in questione non ha mai alcuna vergogna della propria immoralità e bassezza, che è il suo parametro di misura, pensa. È convinto che il mondo dell’apparenza è l’unico esistente, si va “avanti” solo sgomitando, e che tutti sono come lui e in concorrenza a leccare
Nel  suo piccino e mediocre punto di vista, considera strani o matti le persone normali.
Altra caratteristica, tragicomica, è che dice (e crede) continuamente di essere indispensabile: “se non ci fosse lui” chissà come andrebbero le cose.  Ma mentre lo dice non è in grado di guardare negli occhi il suo interlocutore per più di qualche secondo e cerca di confondere chi gli rivolge delle domande dando delle risposte ambigue con un linguaggio tecnico quasi sempre fuori luogo ed inappropriato, al fine di disorientare colui che si azzarda a rivolgergli la parola su questioni di primaria importanza per l’andamento del lavoro. A volte il lecchino, con sussiego non si degna neppure di rispondere.
Se si è attenti si nota che appartiene quasi sempre alla categoria degli stupidi, quindi facile da riconoscere, il guaio è che spesso ci si trova in mezzo ad altri colleghi idioti che non comprendono  la sua tattica è quella di  dividere e metter tutti l’uno contro l’altro.
In genere il suo capo lo lascia fare, quando se fosse anche lui un pò intelligente e capace capirebbe che le tensioni nel mondo del lavoro sono sempre negative.
Altra subdola tecnica del lecchino è quella di complicare il lavoro altrui e, se non riesce nel suo intento, cercare in modo più o meno subdolo, di fare in modo di mettere i suoi colleghi l’uno contro l’altro, spargendo calunnie contro il collega che potrebbe essergli d’intralcio e far sì che possa essere isolato consentendo così a lui di emergere.
Spesso il lecchino critica il capo in modo più o meno velato per far esprimere agli altri un parere volto a riferire le parole pronunciate, magari arricchite di qualche ulteriore fantasia.
Ma la vera colpa dell’esistenza del lecchino è principalmente del cosiddetto capo, a differenza del vero leader, ama circondarsi di adulatori di "Yes Men", ovverosia lecchini, perché nella sua visione ristretta e meschina della vita, e scarsa capacità manageriale, ritiene che incutendo timore i suoi dipendenti possano produrre maggiormente.
Il capetto che ama i lecchini in genere è più diffuso nell'ambito pubblico, perché nel privato, essendoci un prodotto misurabile è facile accorgersi che tale atteggiamento si ritorce contro l’azienda e che si rischia di perdere l’incarico in un batter d’occhio. Perché è evidente che il dipendente stressato e vessato produce molto meno del dipendente di un vero leader.
Il leader  non sa cosa farsene di adulatori, è interessato al lavoro di squadra positivo che fa crescere l’azienda, le antiquate gestioni verticistiche bloccano la crescita della produzione a causa di dissapori e relazioni conflittuali tra dipendenti. Il leader deve essere come un direttore d’orchestra che spiega come suonare in armonia con gli altri componenti e non usa i suoi collaboratori per fini illeciti.
Come difendersi dai lecchini? In genere il silenzio è l’arma migliore, come con gli stupidi è difficile per la persona normale relazionarsi con il lecchino. Ecco alcuni consigli.
1.      Non far notare agli altri che un collega si sta comportando da lecchino, il numero degli stupidi è elevato e non sono sempre immediatamente localizzabili.
2.      Non far notare ad un lecchino che si sta comportando in modo abietto: lo sa già, ne è fiero ed è pronto anche a denunciare chi gli muove una simile accusa.
3.      Mai discutere con un lecchino; è pronto a manipolare qualsiasi vostra affermazione. Salutarlo e basta.  
4.     Non cercare di capire o giustificare. È solo un povero arrivista e dei suoi problemi psicologici o esistenziali a noi non importa nulla.
5.   Se domanda un parere far finta di non aver compreso. Alimenta il loro meschino ego e risparmia conseguenze spiacevoli sul lavoro.
6.      Essere consapevoli della propria superiorità umana e culturale, la vita non è fatta di solo lavoro. Chi usa i mezzucci tipici da lecchino per far carriera, significa che non ha nulla di più interessante da fare nella sua misera vita.
    Per concludere i lecchini sono sempre esistiti ovunque vi sia una gerarchia fondata sul timore e non sul merito e un capo scadente.
Sono solo persone molto mediocri “dotate” solo di una furbizia intuitiva. Debbono assolutamente cercare di far notare la loro inutile presenza interrompendo e sminuendo di fronte agli altri il malcapitato avversario per vendicarsi della loro pochezza umana e culturale.
Dar loro importanza serve solo a metterli in rilievo. Prima o poi si rovinano da soli dato che, non spiccando di intelligenza, sono condannati a leccare per potersela cavare.
In buona sostanza sono semplicemente degli esseri inutili, così come lo sono gli incapaci capi che li usano, che privi di qualità professionali adorano essere adulati per sentirsi “bravi“.


Pier Carlo Sommo

lunedì 29 ottobre 2018

Inizia la ballata del Convegno, dell’inagurazione e dell’inutil convenzione….

Note semi-serie sulle manovre pre-elettorali in vista delle regionali del Piemonte. Ovverosia, come non comunicare con l'elettorato....

   
  Stanno arrivando le elezioni regionali, saranno in primavera, mancano ancora un po' di mesi ma già si vedono alcuni effetti collaterali. Fenomeni specifici e ricorrenti che poi aumenteranno di mese in mese.
   Il primo effetto è il fiorire di convegni sui più svariati argomenti, convocati da maggioranze e minoranze politiche attuali.
   Quelli convocati dalle maggioranze al potere, sono di regola noiose kermesse che narrano favole su lavori non fatti e su progetti inattuati, che dovrebbero miracolosamente realizzarsi entro pochi mesi, oppure si realizzeranno “solo se ci votate”. Sperando che il pubblico creda alle ultime balle del quinquennio.
   I partecipanti a tali convegni sono un interessante spaccato di società, spazia tra i precettati annoiati, i presenzialisti professionali che evitano un giorno di lavoro e mangiano a gratis, i lecchini che cercano di incassare le ultime mance prima delle elezioni (non si sa mai). Qualche sparuto potenziale elettore a volte appare brevemente e, ascoltate le sparate, esce passando molto facilmente nelle schiere dei non votanti o dell' opposizione.
     La comunicazione con l’elettore è ormai materia sconosciuta ai più...
   Si intensificano anche le inaugurazioni, si inaugura di tutto, dal nuovo coperchio di un tombino alla riparazione di un tetto. Tutto deve diventare agli occhi dei cittadini una grande opera partorita dal governo uscente. 
    L'ultima inaugurazione che ho assistito i dipendenti dell'ente ridacchiavano tutti perché sapevano benissimo che si stava inaugurando il nulla, praticamente una imbiancatura dei locali. Ovviamente i politici, sempre più disattenti alla gente, ignorano che radio gavetta”, già potentissima un tempo, è migliorata e potenziata con i social media...
  In enti e aziende pubbliche gli amministratori uscenti assalgono e assillano i poveri ingegneri e architetti, perché terminino al più presto e in qualsiasi modo lavori che languono da anni. Ma la gatta frettolosa fa i gattini ciechi…. e spesso i risultati sono a volte ben contrari ai desideri.
   Alle ultime elezioni comunali di Torino la fretta fece inaugurare il sottopassaggio stradale di Porta Susa, dopo solo un giorno sprofondò un tombino e si crearono epici ingorghi sul cavalcavia di corso Regina Margherita, perché non avevano installato il necessario semaforo, per non parlare poi della disastrosa rotonda di piazza Baldissera, epica sciocchezza provvisoria, destinata a rimanere come è, e aggravarsi, con la graziosa collaborazione dellattuale amministrazione comunale che ci vorrebbe tutti a piedi e in bici. 
  Gli uffici stampa, anche loro messi sotto pressione, emettono comunicati stampa a raffica, anche solo per uno sternuto istituzionale, e alcuni giornalisti compiacenti pubblicano notizie iperboliche ed improbabili, che nella maggior parte dei casi nessuno legge, ma così il politico è contento (non si sa mai).
   Si ripete il miracolo quinquennale dell' ubiquità,  misteriosamente e miracolosamente Assessori e Consiglieri uscenti appaiono ovunque, in qualsiasi riunione che va dalle bocciofile ai Lions, addirittura basta lasciare socchiusa la porta di casa che ne trovi uno che ti fa un pistolotto e ti promette il Paradiso.
  I convegni delle minoranze invece pongono l’accento su tutte le cose promesse e non fatte dalla maggioranza, più qualche promessa a volte iperbolica. Il pubblico spazia tra gli arrabbiati con la maggioranza, i lecchini che si dividono tra i convegni dell’una e altra parte cercando di capire quali saranno i prossimi assessori da ossequiare. Anche qui elettori autentici sempre meno…
   Per fare un esempio, 20 anni addietro partecipai come candidato alle elezioni comunali di Ivrea, e imparai, e la cosa prosegue oggi, che da circa 50 anni, in tutti i programmi elettorali comunali, di tutti i partiti eporediesi, viene inserito il "traforo di monte Navale" opera interessante e utile ma costosissima, per la quale non ci sono e probabilmente non ci saranno mai i soldi, ma cosa importa, mettiamolo nel programma...
  Tra poco arriverà il Natale e politici scomparsi da un quinquennio miracolosamente ricompariranno, per incanto, a farti gli auguri più affettuosi, a chiederti notizie della moglie dalla quale hai divorziato da tre anni e della mamma morta da quattro...
   Poi ci saranno gli inviti alle cene di finanziamento, nella quali si mangia malissimo, perché per incassare tirano al massimo sul prezzo, in genere un pranzo da dieci euro viene fatto pagare almeno ottanta, durata minima almeno 4 ore, tra discorsi vari e il servizio lentissimo di pochi camerieri, perché anche su quello si è risparmiato. Ne deriverà alla fine una noia mortale e probabili problemi gastrici.
   Anche lì, salvo stretti conoscenti o interessati che sperano in futuri vantaggi, è difficile vedere elettori, in quanto non è facile spiegare perché devi finanziare un tizio che andrà in regione a prendere uno stipendio triplo del tuo e probabilmente il giorno dopo delle elezioni, come la volta precedente, nemmeno ti saluterà…
    
La verità è che i vecchi riti e strumenti della politica, come quelli del sindacato sono ormai vetusti, i loro effetti sono minimi e l’impatto sui media ormai bassissimo, anche perché i giornali si leggono sempre meno e sui social, come esce la notizia al positivo, dopo pochi secondi esce la risposta al negativo, e secondo le leggi dell’informazione le cattive notizie fanno molta più strada.
    La fantasia e voglia di creare nuovi forme organizzative dei partiti e nuovi rapporti con lelettorato non esiste, salvo poi tutti a piangere da coccodrilli sui pochi votanti, perchè in verità tutti speravano che non andassero a votare quelli dell altro partito, che invece sono andati e li hanno fregati.
    Pazienza, assistiamo con pazienza e filosofia questa consueta recita, con il pensiero che a giugno sarà tutto finito e non si ripeterà (almeno a livello regionale) per almeno 5 anni...

Pier Carlo Sommo

venerdì 19 ottobre 2018

La Leadership Tossica. Del capo che non vorremmo avere


La Leadership Tossica. Del capo che non vorremmo avere
Ha avuto un vasto interesse inaspettato il mio blog del 3 settembre scorso con il titolo: “Come sopravvivere ad un capo idiota”, che recensiva un testo americano sulla leadership,
Ritengo però opportuno precisare che essendo io un giornalista e comunicatore pubblico, mi occupo anche di comunicazione interna e il pezzo sul “capo idiota” apparteneva a tale materia e aveva connotazioni chiaramente generali e culturali, se qualcuno si è identificato come “capo idiota” o sua vittima, sono loro problemi esistenziali di cui non ho colpa.
Tornando alla nostra materia, completo oggi il testo del 3 settembre con questa analisi, perché il capo idiota, descritto in forma semi-seria da quel testo americano appartiene a quella forma di leadership che è definita dalla letteratura in materia "leadership tossica".
In generale per leadership si intende il rapporto di colui che in una struttura sociale organizzata occupa la posizione più elevata e gestisce un gruppo. E’ quella figura che viene definita Capo (dal latino caput, "testa") o leader (dal verbo inglese to lead, "guidare"), è colui che ricopre un ruolo di comando o direzione (in inglese leadership), inteso come processo d'influenza sui membri del gruppo per il perseguimento degli scopi comuni.
Non può esistere il concetto di leadership senza la capacità tecnica e carismatica di "Comunicare" le proprie idee. Il vero leader è orientato alle persone e "condivide", motivando le sue scelte e le sue idee. Alla base della leadership deve esserci sempre il confronto, per portare a termine un'incarico o un progetto è sempre indispensabile la collaborazione dei sottoposti. L'abilità nell'utilizzare il potenziale dei propri collaboratori è direttamente proporzionale al successo dell'iniziativa. La qualità della leadership positiva deve essere contributiva e costruttiva, quindi tendente a far progredire la qualità del lavoro, la formazione e crescita delle persone e dei team.
Il contrario e negativo è definito in letteratura, "leadership tossica".

Gli studiosi della materia, esaminando gli effetti della leadership tossica sui climi organizzativi, evidenziano la presenza consequenziale di una realtà denominabile "organizzazione nevrotica" dove, secondo numerosi studi, le organizzazioni in crisi o a scarso rendimento, diventano permeate da un sistema che si basa sulle rappresentazioni intrapsichiche nevrotiche del loro leader, creando una cultura aziendale (intesa anche come politiche di selezione, premiazione, punizione e promozione) che tenderà ad estendere lo stile nevrotico all'intero funzionamento organizzativo portando anche al collasso.
Gli ambienti di lavoro “tossici” e leader “tossici” sono in stretta relazione. Una direzione tossica, agisce da "killer" silenzioso, creando danni gravi e duraturi a dipendenti e organizzazione. Richieste eccessive, pressione, durezza, sono alcuni marchi di strutture tossiche. Ai quali si aggiungono altri aspetti deterioranti come ambienti impersonali, lavoro nell’ottica della convenienza, tagli del personale con sovraccarico per chi rimane.
Un recente studio dell’Università di Johannesburg (Sud Africa) ha messo in evidenza la crescita di leadership “inquinata” nelle organizzazioni di tutto il mondo. Fa riferimento ad una serie di azioni deliberate del dirigente orientate a minare senso di dignità, autostima ed efficacia nei dipendenti, a creare un’atmosfera demoralizzante, timorosa, svalutante.
La tossicità non è misurata sugli atteggiamenti ma sugli effetti sistemici ad ampio raggio, sul clima contaminato, sull’erosione di risorse fondamentali come produttività, motivazione, creatività e impegno nei lavoratori.
Secondo gli studi, la leadership stessa è in crisi: nel mondo degli affari e della politica i leader sono sempre più considerati incompetenti.
Anche il tasso di fallimento dei capi è elevato, come dimostra il turnover veloce tra i direttori nelle grandi aziende. Fenomeno che, secondo gli esperti, non ha niente a che fare con competenza o esperienza, piuttosto con arroganza, ego e carenza di intelligenza emotiva.
Risulta inoltre che il 25 per cento dei dirigenti aziendali, sulla base di indagini internazionali, presentano tratti psicopatici.
Altre analisi hanno rilevato invece che il sostegno di capi “buoni” e il blocco di quelli “cattivi” si traduce in aumento di fatturato, riduzione di assenteismo, di consulenze, di trasferimenti dei dipendenti con risparmi significativi per l’azienda.
Ricerche allargate indicano inoltre che la capacità del leader di riconoscere il lavoro dei dipendenti, di promuovere cooperazione, di capire motivazioni, speranze e difficoltà dei lavoratori è correlato alla maggior redditività.
I tratti vincenti del buon leader sono sincerità, modestia, gratitudine, autenticità, comprensione, umorismo. È la pratica della gentilezza, in sostanza, ad avere impatto sul business.
La presenza di un leader “tossico” crea solo scompensi negli ambienti di lavoro e gli svantaggi che derivano da una gestione eccessivamente autoritaria superano nettamente i possibili vantaggi.
Secondo uno studio, la presenza di un leader duro, arrogante e per nulla rispettoso delle esigenze altrui fa in modo che i dipendenti si sentano più impegnati nell’immediato, facendo leva sulle paure e sul timore di perdere il lavoro ma tali comportamenti causano danni a lungo termine e minano l’efficienza dell’intera organizzazione.
Un’altra ricerca, ha rilevato come la scelta di conferire un incarico di supervisione a un manager troppo esigente si riveli inizialmente corretta per datori di lavoro che acquisiscono vantaggi a breve termine, ma con il passare del tempo i rischi sono notevoli: dai dati, risulta che avere a che fare con una pessima leadership spinge i collaboratori a voler lasciare l’azienda ( il 73% degli intervistati), aumenta i conflitti (70%) e incrementa il sospetto di essere oggetto di discriminazione da parte del capo nell’assegnazione degli incarichi e nella concessione di pari opportunità (81%).
La leadership tossica è autoritaria, narcisistica, distruttiva, onnipotente; è della persona che manipola la realtà, che usa il denaro senza attenzione, che non ha scrupoli morali e professionali. I Leader di questo tipo sono psicologicamente malati e alla lunga sono gravemente disfunzionali all’organizzazione.
Il leader tossico permea tutta l’organizzazione che gestisce e trova alleati, gregari, e succubi: perché? Spesso non c’è risposta: le dinamiche profonde a far sì che una persona sia succube e sia contenta di esserlo sono spesso imperscrutabili. Perché di fronte ad un leader malato in pochi si ribellano in azienda? Perché ci vuole molta forza. Chi si ribella e afferma il suo spazio e il suo valore deve far appello alla sua assertività (“la competenza di affermare il diritto di esistere”), che è l’arma da schierare per gestire e difendersi di fronte al leader tossico. In questo modo ci si può opporre: è molto difficile invece scardinare le dinamiche che la leadership tossica fa scattare all’interno dell’organizzazione perché entrano in gioco molti fattori, soprattutto il rapporto psicologico che ciascuno ha con l’autorità.
La leadership tossica può anche essere una delle principali cause di stress sul posto di lavoro, quando un leader mostra determinati comportamenti e caratteristiche che contribuiscono a creare un ambiente di lavoro negativo e/o ostile.
La leadership negativa e colpisce il clima aziendale. In un articolo pubblicato in Society for Human Resource Management, Andrew Schmidt, spiega i 5 indicatori di un leader tossico.
  1. Autoritarismo: I leader tossici non permettono al loro team di prendere l’iniziativa e sviluppare il lavoro con criteri propri. A loro non piace delegare, non si fidano e quando si vedono forzati a farlo, controllano attentamente il lavoro per sorvegliare che venga fatto a modo loro.
  2. Imprevedibilità: In alcuni momenti sono amabili e rispettosi, ma il giorno successivo sono irritabili e autoritari. Questo crea un’ambiente instabile tra i collaboratori, dato che non sanno quale comportamento aspettarsi da parte del loro superiore; il risultato è un ambiente insicuro, diminuzione della produttività e della motivazione.
  3. Narcisismo: I leader tossici hanno una visione poco reale di sé stessi e delle loro idee. Pensano di essere destinati a grandi cose e ignorano le capacità dei loro collaboratori. Squalificano le idee altrui e non esercitano l’autocritica in nessuna circostanza.
  4. Auto-promozione: Tendono a prendersi tutto il credito del successo ottenuto dal team e per le buone performance dei loro collaboratori. Gestiscono bene le buone impressioni, ma si allontanano quando si presentano problemi.
  5. Supervisione eccessiva: I leader tossici abusano dei loro collaboratori. Li criticano in pubblico, controllano costantemente i lavori delegati e ricordano in continuazione i loro errori. Il risultato di questo atteggiamento è di avere lavoratori insoddisfatti con bassa produttività.
Per concludere, è fondamentale ricordare che il capitale più importante in un’azienda è quello umano, da loro dipende il successo della organizzazione. È palese, e dimostrato da molti studi, che il mal funzionamento, la bassa produttività, il disordine organizzativo, sono strettamente connessi con una leadership tossica, come dice un vecchio detto “il pesce puzza sempre dalla testa”...

Pier Carlo Sommo
Segretario Generale 
Associazione per la Comunicazione 
Pubblica e istituzionale



PS anche questa volta consiglio la lettura di un libro:
Leader, giullari e impostori. Sulla psicologia della leadership
Manfred Kets de Vries
Editore: Cortina Raffaello
1996 - Pagine:166 - 14,45 su IBS.it


domenica 23 settembre 2018

Identikit di un Comunicatore Pubblico, ad uso di politici pasticcioni.



Appartengo alla prima generazione della comunicazione pubblica, quella nata sul campo,  quando le lauree in comunicazione ed equipollenti non esistevano, si parlava a malapena di uffici stampa nei grandi enti e le pubbliche relazioni non esistevano al di fuori delle ditte private molto avanzate.
Il mestiere di Comunicatore Pubblico oggi è ben delineato, è quello di un professionista, preparato e ora anche certificato, che comunica la sua istituzione, che è parte dello Stato, curando in primo luogo il pubblico interesse. Sono le caratteristiche professionali per le quali l’Associazione  Compubblica si batte da quasi 30 anni.
Il Comunicatore Pubblico non è ne un santo ne un missionario, non è al di fuori del mondo,  può  certamente avere sue idee politiche, ma deve essere, prima di tutto, fedele allo Stato e al pubblico interesse.
Chi invece svolge la funzione di “portavoce” o di comunicatore in qualsiasi ruolo, su nomina politica, dovrebbe essere scelto dai politici per capacità professionale e non per mera “canina fedeltà” al politico o al partito.  Dovrebbe poi attenersi a regole di lealtà verso lo Stato, anche se non è di ruolo.
Quando insegno ai giovani la mia professione, cioè quella di comunicatore pubblico, premetto sempre una cosa molto semplice, i comunicatori bravi e preparati sono tutti “primedonne”, è un mestiere che richiede carattere per essere svolto con efficacia. Ma per essere una vera “primadonna”, e non una brutta copia, significa sapere come e quando entrare ed uscire di “scena” e sapere su quali palcoscenici esibirsi.
Purtroppo da alcuni anni i politici umiliano i professionisti di carriera della comunicazione, spesso affidano la comunicazione pubblica a personaggi improvvisati, dagli amici e parenti a personaggi estranei al settore pubblico. A volte vi sono tra loro professionisti  validi, ma per altri contesti professionali, incontriamo troppi elementi presuntuosi che non hanno l’adeguata professionalità e umiltà per comprendere  dove si opera, come e con chi.
Chi comunica professionalmente un ente o un suo amministratore deve essere sempre disponibile e presente, ma pressoché “trasparente”.  Per chi è stato in prima linea, ad esempio come un giornalista di testata o televisivo, può essere poco piacevole, ma il mestiere è quello, se non piace basta non farlo.
 Per fare un semplice paragone, un'agenzia pubblicitaria vende il prodotto del cliente ma non se stessa contemporaneamente, per pubblicizzarsi usa strumenti e momenti diversi da quelli che usa per il cliente.
Essere l’Addetto Stampa o Capo di Gabinetto del sindaco, presidente o ministro non significa poi credere di avere i loro poteri. Devono essere rispettati, struttura e gerarchie dell'istituzione, i comunicatori politici sono solo dei collaboratori pro tempore, come chi li ha nominati. In quelle posizioni si sono create o distrutte carriere, perché al termine del mandato politico, tutto è azzerato e quasi sempre si è premiati o puniti professionalmente, a seconda di come si è operato.
Negli ultimi 20 anni, e non parlo di una sola componente politica, ma praticamente di tutte, abbiamo assistito alla nomina di addetti stampa e capi di gabinetto che debordano dalle loro funzioni, tiranneggiano i comunicatori di ruolo, si pongono davanti ai loro rappresentati istituzionali, perché magari nella gerarchia del partito erano o sono importanti.
A volte arroganti e offensivi con i giornalisti, irrispettosi delle strutture istituzionali e di dirigenti e funzionari, spesso addirittura più dialoganti con il partito invece che con il loro referente istituzionale.
Alcune elementari regole professionali, normali e logiche sono spesso poi  sistematicamente violate, a volte per ignoranza a volte per presunzione.
Negli eventi che lo richiedono bisogna seguire il cerimoniale, non rispettarlo non significa essere moderni o originali, si è solo ridicoli e maleducati. Il comunicatore, durante l’evento, deve essere vicino all'amministratore, sempre pronto a intervenire, ma mai di fianco o davanti, è anche da evitare di essere ripresi nelle foto ufficiali. Deve essere educato e corretto il rapporto con i giornalisti, fanno il loro mestiere anche quando i loro articoli non sono graditi, trattarli male e con arroganza di certo non migliora le situazioni.
Non si rilasciano mai interviste di alcun genere, a meno che non sia richiesto da particolari condizioni, come ad esempio la comunicazione di crisi.
Il cerimoniale, preziosa ed utile arte sempre attuale., troppe volte è violata da chi non la conosce e non ascolta i professionisti, genera incredibili gaffes che, per il momento pubblico in cui accadono, hanno immediata ed eccezionale risonanza con effetti di immagine disastrosi.
Nella loro presuntuosa arroganza, questi comunicatori politici, dimenticano che il porsi in situazioni di eccessiva ed errata visibilità è un bellissimo regalo fatto ai nemici della loro parte politica e dell’amministratore che seguono. Procurano l’occasione imperdibile di attaccare il collaboratore di un politico, che è molto più debole del suo capo ma gli è vicinissimo. Di regola il risultato è di lesione politica e di immagine ottimale, non ci vuol molto a comprenderlo.
Non ho fatto nomi, ma anche le cronache di oggi ci parlano di una gaffes istituzionale di un portavoce, ma non è l’unico e non è solo il suo partito quello che fa queste cose. Le cronache sono piene da anni di casi similari, spesso il caso non è pubblico, ma in modo più insidioso, con la scusa di risparmi economici, si sono ridotti dimensione, poteri e indipendenza dei servizi di comunicazione di molti enti pubblici.
Il risultato è evidente, grandi enunciazioni di modernismo, ma  in concreto le nuove professionalità sono fastidiose a vecchi burocrati e politici, tutti super conservatori, abilissimi nel travestirsi da innovatori. La Pubblica Amministrazione è ormai costellata degli errori, compromessi e clientelarismi dei politici, scaricate tutte sui dipendenti di ruolo.
il risultato è che i cittadini vedono sempre più la Pubblica Amministrazione, come entità lontana,  diretta emanazione della politica e non più come istituzione imparziale.
Le ultime elezioni hanno visto vittorie e sconfitte nate sulla capacità e incapacità di comunicazione o del suo rinnovamento. Quasi sempre proprio gli errori di comunicazione, causati dalla confusione tra comunicazione politica ed istituzionale hanno causato pesanti sconfitte.
Ribadisco che la Comunicazione Pubblica Istituzionale è, e deve essere, al servizio dello Stato, tenacemente e orgogliosamente, apolitica e apartitica. Può e deve dialogare con tutti coloro che gestiscono la cosa pubblica, di qualunque forza politica appartengano, ma non deve esserne parte. ciò è nell'interesse di tutti, in prima linea i politici stessi.
Quasi sempre le componenti politiche che perdono lamentano l’incomprensione dei cittadini per il lavoro svolto. MA, ribadisco con forza, non solo ideologica, ma supportata da fatti concreti, che se ci fossero stati nelle amministrazioni pubbliche più comunicatori pubblici professionisti, imparziali, preparati e regolarmente riconosciuti e contrattualizzati e meno portavoce, portaborse e pseudo-consulenti, si sarebbero evitati molti guai e i cittadini sarebbero meno mal disposti nei confronti degli amministratori pubblici e della PA.
Mi chiedo quanti guai, causati da politici pasticcioni supportati da comunicatori improvvisati, debbono ancora accadere, perché la politica comprenda che sono indispensabili comunicatori pubblici professionisti ed imparziali.

Pier Carlo Sommo
Segretario Generale
Associazione per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

  

giovedì 13 settembre 2018

Il ritorno di Braghettone


Il ritorno di Braghettone
Daniele Ricciarelli, valente pittore e scultore di Volterra  (Volterra, 1509 – Roma, 1566), era uno degli allievi prediletti del maestro Michelangelo, a suo malgrado è passato alla storia come il Braghettone”, per aver coperto con vestiti e foglie di fico i genitali dell'affresco del Giudizio Universale nella Cappella Sistina, nel 1565, poco dopo che il Concilio di Trento aveva condannato la nudità nell'arte religiosa. È stato dimenticato però che fortunatamente il suo intervento censorio impedì di demolire irreparabilmente quegli affreschi considerati scandalosi.
In realtà, lui non fu nè l’unico nè l’ultimo a mettere le mutande ai santi, ciclicamente la censura si ripropone anche ai nostri giorni, ultimo episodio fu quello delle statue coperte nei musei capitolini, da uno zelante funzionario, durante la visita del presidente iraniano Rohani.
L’ultimo intervento alla “Braghettone” è però di oggi.

Da alcuni giorni si è scatenata l’ilarità in tutt’Italia per l’apertura a Torino  della prima «casa di appuntamenti» con sexy bambole. Vi sono battute di ogni genere sulla questione.
Invece di sorridere, ieri, con burocratica serietà, la polizia municipale di Torino e l’ufficio di igiene dell’ASL hanno chiuso la prima «casa di appuntamenti» con sexy bambole in Italia. Il blitz, è stato disposto  per presunti problemi amministrativi e d’Igiene.
I solerti vigili urbani sostengono che erroneamente alla Camera di Commercio l’attività è  definita un’attività commerciale, quindi un negozio, ma invece non si vende nulla di materiale, se non un po’ tempo per far sesso con i bambole in lattice: 80 euro mezz’ora, 100 euro un’ora.
I vigili urbani sostengono che invece è un albergo, un’attività di affittacamere, anche se a mezze ore. I clienti perciò devono essere registrati con nome e cognome e fornire un documento,  il tutto poi va segnalato alla Questura, come in qualsiasi albergo o affittacamere.
Invece l’ASL ha dei dubbi sul sistema di pulizia delle bambole, non che siano state trovate sporche, ma l’ufficio di Igiene non ha saputo dire se il sistema di pulizia adottato sia valido.
La Stampa riporta poi le dichiarazioni dei vicini, una signora che vive nell'appartamento sopra il locale dice: «C’era tutta quella gente che andava e veniva. Io avevo fin paura certe volte, specie di sera». Altri virtuosi cittadini i cui alloggi si affacciano sul cortile dell’appartamento della scandalo dicono: «L’altro giorno abbiamo contato sette persone che sono andate lì. Pensi lei con che animo lasciamo scendere i nostri bambini in cortile. Chi è quella gente? Cosa cerca qui? Un’attività del genere non deve stare in un posto come questo».
Or dunque, vediamo di ridurre al giusto ruolo questa storia, che ritengo principalmente comica.
I cittadini preoccupati della vicinanza dell’esercizio dovrebbero tranquillizzarsi, la categoria che frequenta tale esercizio probabilmente oscilla tra i curiosi e i seguaci di Onan. Non sono decisamente categorie pericolose,  non risulta che siano avvenute finora risse e regolamenti di conti violenti per bambole di gomma e gonfiabili. Ne tanto meno risulta che mafia e ndrangheta si siano interessati al business. Inoltre in tutta la città vi sono moltissimi sex shop che vendono di tutto e non vi sono particolari problemi di ordine pubblico ad essi legati
I vigili urbani, così solerti in questo caso, dovrebbero valutare, sul lato dell’ordine pubblico, che sinceramente la città è piena di problemi: campi ROM abusivi, prostitute e prostituti sugli angoli di mezza città, ristoranti etnici e minimarket di dubbia igiene e attività, spaccio di stupefacenti sfacciato ecc ecc,. Perché impiegare tempo per una sciocchezza che probabilmente morirà da sola, terminata la curiosità? Per il lato amministrativo, basta poi che emettano scontrino fiscale e paghino le tasse, sinceramente alla Questura, già oberata di serissimi impegni, cosa importa del nome di chi per mezzora si dedica a plastici ( el senso di plastica) amplessi o attività onanistica fuori delle mura domestiche?
L’autorità sanitaria, certamente avrà a cuore la salute dei cittadini, ma i problemi seri d’igiene impellenti forse sono altri. Fino alla soppressione delle  case chiuse, le prostitute erano controllate periodicamente dal Medico Provinciale, oggi nessuno controlla le prostitute delle più svariate nazionalità che popolano la città, che hanno spesso patologie nostrane e importate.  E' allora è così  preoccupante se qualche sporadico individuo ha il remoto rischio di prendere una malattia sessuale da una bambola? Non mi risulta che finora l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) abbia dato direttive e emanato allarmi di contagio sulla sanità delle bambole di gomma…..

Probabilmente tutta questa inutile e costosa agitazione delle pubbliche autorità (ricordiamo che purtroppo paga Pantalone) è stata sicuramente fomentato dal solito perbenista estremista, che arruolerebbe nuovamente “Braghettone”, il quale però, sinceramente, con internet (vedi you porn e  migliaia di siti similari), avrebbe qualche problema ad operare.
Che dire infine, la madre degli imbecilli e dei moralisti è sempre gravida….