Gli
adulatori, detti lecchini, indispensabili accessori dei pessimi capi
Il Sommo Dante Alighieri relegava all’Inferno i cosiddetti
adulatori, nella II
Bolgia dell’VIII Cerchio, immersi fino al collo negli escrementi, per aver
adulato i potenti per fini personali. Non si può che condividere il suo alto
pensiero a riguardo tale categoria di persone, pronti a cambiare opinione a
seconda degli orientamenti politici o professionali della persona che desiderano adulare per
ottenere dei vantaggi.
Il fenomeno dell’adulazione detta oggi lecchinaggio è quell'atteggiamento infimo
e servile volto ad ottenere approvazioni o favori da parte di chi si trova
nella scala gerarchica lavorativa o politica su un gradino superiore al
proprio. Un fenomeno costante nel tempo.
Tali individui sono un indispensabile
accessorio dei pessimi capi, nel mondo del lavoro tutti hanno modo di assistere
alle tragicomiche scene di colleghi, emuli di certe scene della saga di Fantozzi, che del lecchinaggio ne hanno fatto un modus operandi per sviluppare la
propria carriera.
Le persone normali osservano con pietà o senso del ridicolo chi
porta la borsa al capo appena entra in ufficio, chi gli porta a spasso il cane, chi fa il caddy al golf o il raccattapalle al tennis, chi fa la spia di qualsiasi cosa dicano o facciano
i colleghi.
Naturalmente
nessuno degli affetti da questa deprecabile e patologica forma di “aggregazione
sociale” ammetterà mai di aver adulato il capo o il politico di turno per
ottenere una promozione o un favore. I lecchini, con solida faccia di bronzo,
sono sempre i primi a parlare di “meritocrazia”.
Dicono che tutti i colleghi sono sfaticati, solamente “invidiosi”
dell’eventuale posizione raggiunta con la loro poco commendevole attività. Tutto
ciò nonostante chi li conosce bene sia pienamente consapevole del modo in cui la
loro carica è stata ottenuta.
È
facilissimo da riconoscere il lecchino, è sempre pronto ad accorrere o a mettersi in
vista se il suo capo ha bisogno di un intervento rapido. Per far carriera e adulare chi detiene il potere, il
lecchino non ha limiti ne pudore,e non disdegna
alcun mezzo, lecito o meno.
Di regola non
si fa scrupolo a calpestare qualsiasi altro collega sottraendogli un’idea e
spacciandola per propria. Promette di fare lavori che non conosce in tempi
assurdi, per poi accusare di sabotaggio gli altri dei quasi certi e prevedibili
fallimenti.
Spia il comportamento dei suoi compagni di lavoro ed è abile a riportare
al capo frasi, ben decontestualizzate, di cui si può anche mutare o inventare
parte del contenuto. Il soggetto
in questione non ha mai alcuna vergogna della propria immoralità e bassezza, che
è il suo parametro di misura, pensa. È convinto che il mondo dell’apparenza è
l’unico esistente, si va “avanti” solo sgomitando, e che tutti sono come lui e
in concorrenza a leccare
Nel suo piccino e mediocre punto di vista, considera
strani o matti le persone normali.
Altra caratteristica,
tragicomica, è che dice (e crede) continuamente di essere indispensabile: “se
non ci fosse lui” chissà come andrebbero le cose. Ma mentre lo dice non è in grado di guardare
negli occhi il suo interlocutore per più di qualche secondo e cerca di confondere
chi gli rivolge delle domande dando delle risposte ambigue con un linguaggio
tecnico quasi sempre fuori luogo ed inappropriato, al fine di disorientare
colui che si azzarda a rivolgergli la parola su questioni di primaria
importanza per l’andamento del lavoro. A volte il lecchino, con sussiego non si
degna neppure di rispondere.
Se si è
attenti si nota che appartiene quasi sempre alla categoria degli stupidi, quindi
facile da riconoscere, il guaio è che spesso ci si trova in mezzo ad altri
colleghi idioti che non comprendono la
sua tattica è quella di dividere e
metter tutti l’uno contro l’altro.
In genere il
suo capo lo lascia fare, quando se fosse anche lui un pò intelligente e capace
capirebbe che le tensioni nel mondo del lavoro sono sempre negative.
Altra subdola
tecnica del lecchino è quella di complicare il lavoro altrui e, se non riesce
nel suo intento, cercare in modo più o meno subdolo, di fare in modo di mettere
i suoi colleghi l’uno contro l’altro, spargendo calunnie contro il collega che
potrebbe essergli d’intralcio e far sì che possa essere isolato consentendo
così a lui di emergere.
Spesso il lecchino
critica il capo in modo più o meno velato per far esprimere agli altri un
parere volto a riferire le parole pronunciate, magari arricchite di qualche
ulteriore fantasia.
Ma la vera colpa dell’esistenza del
lecchino è principalmente del cosiddetto capo, a differenza del vero
leader, ama circondarsi di adulatori di "Yes Men", ovverosia lecchini, perché nella
sua visione ristretta e meschina della vita, e scarsa capacità manageriale,
ritiene che incutendo timore i suoi dipendenti possano produrre maggiormente.
Il capetto che ama i lecchini in genere è
più diffuso nell'ambito pubblico, perché nel privato, essendoci un prodotto
misurabile è facile accorgersi che tale atteggiamento si ritorce contro
l’azienda e che si rischia di perdere l’incarico in un batter d’occhio. Perché è
evidente che il dipendente stressato e vessato produce molto meno del dipendente di un
vero leader.
Il leader non sa cosa farsene di adulatori, è
interessato al lavoro di squadra positivo che fa crescere l’azienda, le antiquate gestioni verticistiche bloccano la
crescita della produzione a causa di dissapori e relazioni conflittuali tra dipendenti.
Il leader deve essere come un direttore
d’orchestra che spiega come suonare in armonia con gli altri componenti e non usa
i suoi collaboratori per fini illeciti.
Come difendersi dai lecchini? In genere il silenzio è l’arma
migliore, come con gli stupidi è difficile per la persona normale relazionarsi
con il lecchino. Ecco alcuni consigli.
1. Non far notare agli altri che un
collega si sta comportando da lecchino, il numero degli stupidi è elevato e non
sono sempre immediatamente localizzabili.
2. Non far notare ad un lecchino che si
sta comportando in modo abietto: lo sa già, ne è fiero ed è pronto anche a
denunciare chi gli muove una simile accusa.
3. Mai discutere con un lecchino; è
pronto a manipolare qualsiasi vostra affermazione. Salutarlo e basta.
4. Non cercare
di capire o giustificare. È solo un povero arrivista e dei suoi
problemi psicologici o esistenziali a noi non importa nulla.
5. Se domanda un parere far finta di
non aver compreso. Alimenta il loro meschino ego e risparmia conseguenze spiacevoli
sul lavoro.
6. Essere consapevoli della propria superiorità
umana e culturale, la vita non è fatta di solo lavoro. Chi usa i mezzucci
tipici da lecchino per far carriera, significa che non ha nulla di più
interessante da fare nella sua misera vita.
Per concludere i lecchini sono sempre esistiti ovunque vi sia una
gerarchia fondata sul timore e non sul merito e un capo scadente.
Sono solo persone
molto mediocri “dotate” solo di una furbizia intuitiva. Debbono assolutamente
cercare di far notare la loro inutile presenza interrompendo e sminuendo di
fronte agli altri il malcapitato avversario per vendicarsi della loro pochezza
umana e culturale.
Dar loro
importanza serve solo a metterli in rilievo. Prima o poi si rovinano da soli dato
che, non spiccando di intelligenza, sono condannati a leccare per potersela
cavare.
In buona sostanza sono semplicemente degli esseri
inutili, così come lo sono gli incapaci capi che li usano, che privi di qualità
professionali adorano essere adulati per sentirsi “bravi“.
Pier Carlo Sommo